Caffè Verdi IT

 

Caffè Verdi Milano Scala

Questo articolo è nato in modo non programmato, quasi spontaneo. Passando per via Verdi, sotto le mura del famoso Teatro La Scala, davanti al Caffè Verdi, qualcosa ci ha fatto fermare. Di solito, nei suoi “ruderi bric-à-brac” tra i tavolini della strada, si trovano souvenir teatrali e musicali che possono essere acquistati qui. Manifesti e programmi storici della famosa Opera di Milano, spartiti, libri, cartoline, busti in gesso e persino in alabastro e marmo di Verdi, Mozart, un Beethoven spettinato… Di diverse “scale” – da quelle piccole per schiacciare le carte su una scrivania a quelle piuttosto consistenti. Il più grande dei “Verdi” si trova al centro del bar, con un pezzo di carta attaccato con lo scotch, 300 euro, barrato, 250 euro. Ci sono pezzi di carta simili vicino a molte pile di Svendita e Svendita. Vendita… La maggior parte dei souvenir sono effettivamente “con storia”, quindi possono essere classificati come cosiddetto modernariato, ovvero oggetti di antiquariato con meno di un secolo di vita. Tra i cartellini dei prezzi scritti con un pennarello, uno ha attirato l’attenzione e mi ha fatto fermare e rileggere:

 

Svendesi x cessata-attività. Oggettistica bar, quadri statue varie.

 

“A causa del mancato rinnovo del contratto di locazione, il nostro bar esisterà solo fino alla fine di quest’anno. Tutti i souvenir sono in vendita con sconti”, – dice il barista.

 

Ed è così. Leggere la notizia della chiusura mi rattrista un po’, perché un’altra piccola ancora veniva staccata per sempre dal suo posto. Questo bar vicino al Teatro dell’Opera è diventato parte integrante per così dire “la mia Milano”. Il personale, anzi i padroni del posto, ci hanno sempre accolto in modo amichevole e informale. Con un simpatico “Ciao!” all’ingresso e al momento di salutarci. Anche la borbottona padrona di casa alla cassa, la signora Maria, una donna di età indefinita con i capelli neri tinti e gli occhi ancora espressivi dietro grandi occhiali rotondi, ha arricchito la scena. Era chiaro che i colleghi erano vecchi amici, visto che di tanto in tanto si scambiavano battute spiritose, tipiche degli italiani.

 

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…Volutamente fermo agli anni ’80, questo bar del centro città è pervaso da un’atmosfera teatrale e vintage. Situato accanto al Teatro alla Scala, si inserisce perfettamente nell’atmosfera scaligera che caratterizza la zona.

Commenti sul Caffè Verdi in Tripadvisor

 

Caffè Verdi. Se si cerca di guardare il locale in modo distaccato, sembra davvero non tanto vintage quanto un po’ datato. Il tipo di posto che si vuole “rispolverare” – no, non letteralmente, ma in senso figurato. Sfoltire le pile di foto e cartoline, rompere la simmetria dei busti dei compositori, togliere tutti i mazzi di fiori artificiali della “sciura” Maria, fare qualcosa con le tovaglie di velluto rosso alla Scala. Quasi certamente aggiornare la grafica. Tra l’altro, questo potrebbe essere un progetto interessante: cercare di dare un tocco di modernità al locale, salvando la preziosa atmosfera. Una sorta di “arieggiatura generale”. Ma non c’è più tempo… perché la questione dell’esistenza è stata decisa da altri, cioè dai proprietari dei muri.

 

 

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Dopo il lockdown, nei quartieri storici di Milano hanno chiuso per sempre un gran numero di locali di carattere tradizionale, per lo più a conduzione familiare, che non hanno retto alla concorrenza e all’aumento dei prezzi degli affitti. O per i quali semplicemente non è stato rinnovato il contratto di locazione. Questi caffè sono nati… chissà quando. Molto probabilmente nel dopoguerra o negli anni ’60, durante il grande boom industriale. Quindi in molti casi sono ancora gestiti dai fondatori originari, magari alla seconda o terza generazione al massimo. Sono tra quelli che non possono rientrare nella categoria dei cosiddetti Locali Storici d’Italia, che per regola devono avere più di 70 anni. Ciò significa che questi locali “semi-storici” non godono di alcuna tutela statale o comunale contro la chiusura non programmata, come è accaduto nel caso del Caffe Verdi, a causa del mancato rinnovo del contratto di locazione.

 

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[ Cosa succede dopo?

Torniamo al nostro “paziente”: cosa succede alla fine della storia? Di solito una nuova attività prende subito il posto di quella che se ne è andata Non sempre un caffè o un locale simile, più spesso uno showroom di abbigliamento o di mobili, perché Milano è riconosciuta come la capitale della moda e del design. E il quartiere centrale ha sempre un pubblico “ben abituato” o è semplicemente una zona turisticamente vivace. Quindi il proprietario non ha problemi a trovare il prossimo locatario. Spesso queste nuove attività non rimangono a lungo, facendo, come dice il proverbio, un passo più lungo della gamba. Quindi, non c’è tempo né possibilità di creare un legame sentimentale con il locale o con il suo personale… Spesso non c’è nemmeno il tempo di ricordare che tipo di locale fosse? Milano è una città esigente, viziata dalla qualità o, nel caso dei milanesi autoctoni, fedele alla storia precedente, che non tradisce per principio.

 

Un’altra opzione per le nuove insegne sono i grandi marchi che non si lasciano spaventare da affitti troppo cari. Aprono i loro cosiddetti flagship store nei quartieri centrali. Si tratta più di una questione di prestigio e di un luogo più status che di un negozio, il cui scopo principale è image. Di conseguenza, quasi certamente, poche persone vi si recano, accontentandosi di una visita una tantum o di guardare le vetrine dalla strada. Come, ad esempio, la recente apertura di Fendi Casa, un raffinato salone all’angolo tra le vie Verdi e Manzoni. È affollato solo durante la Design Week e le due Fashion Week stagionali. Quindi, in un certo senso, questi locali possono essere esclusi dalla vita vivace della città, dove un milanese può eventualmente “mettere radici” e un turista può trovare un tipico caffè con un servizio cordiale e famigliare alla vecchia maniera.

 

Tra l’altro, proprio in questo posto, nel palazzo all’angolo si trovava dal lontano 1817 uno dei più famosi storici caffè di Milano, il Caffè del Giardino, presto ribattezzato Caffè Cova dal nome del suo fondatore Antonio Cova. Il locale occupava quasi tutto il primo piano e il cortile. Il maestro Giuseppe Verdi era un ospite abituale del Cova, e riteneva il caffè un “balsamo per il cuore e per lo spirito”.

Il palazzo, insieme al Teatro, fu danneggiato dai bombardamenti del 1943, così dopo la guerra il locale si ridimensionò e nel 1950 si “trasferì” nel Quadrilatero della Moda, in via Montenapoleone 8, con l’insegna Pasticceria Cova. Dal 2013 il marchio è di proprietà di uno dei gruppi imprenditoriali più prestigiosi al mondo, il francese LVMH (Moët Hennessy Louis Vuitton), e ha sedi in tutto il mondo.

 

Citiamo un paio di altre tendenze. La prima è l’arrivo di marchi di locali di fama mondiale nel centro città. Per esempio, il primo in Italia e il più lussuoso Starbucks Reserve Roastery in Piazza Cordusio. Tra l’altro, il suo fondatore, Howard Schultz, fu ispirato a creare il format Starbucks nei caffè tradizionali del quartiere bohémien di Brera a Milano nel lontano 1983.

 

La seconda tendenza è la creazione di nuovi locali con uno stile che imita squisitamente i caffè tradizionali, come se fossero qui da chissà quanto tempo. Uno degli esempi più riusciti degli ultimi anni è il ristorante LùBar, gestito da giovani imprenditori della famiglia Bonaccorsi, che hanno creato un bistrot di incredibile atmosfera e successo nell’orangerie della neoclassica Villa Reale. Esempi di successo sono anche tanti quelli progettati dal famoso studio milanese Peregalli Sartori, dell’architetto Roberto Peregalli, allievo ed erede spirituale del leggendario designer Renzo Mongiardino.

 

In pochi anni, il quartiere centrale intorno al Teatro alla Scala ha visto la chiusura e la sostituzione di molti locali di questo tipo. Non c’è più traccia della magnifica libreria a due piani con le scale di legno scuro che portavano al seminterrato, dove c’era ancora l’odore di cioccolato amaro dei vecchi libri. Lo storico Caffè della Scala, dall’altra parte del teatro, in via Filodrammatici, che esisteva da più di cinquant’anni, ha chiuso. I veri intenditori d’opera – tutti quelli che facevano la fila per i biglietti della Galleria del Teatro – si sono sempre riscaldati o rinfrescati lì, a seconda della stagione. Perché ogni volta, il giorno dello spettacolo, l’Associazione Accordo distribuiva 120 biglietti di contromarco per le due gallerie superiori del Teatro dell’Opera alla cifra ridicola di 12-13 euro! A volte le dive dell’opera o del balletto, le étoiles, passavano a salutare il personale come se fossero vecchi amici. Si poteva sorseggiare l’aperitivo, ad esempio, accanto a Roberto Bolle o alla leggendaria Carla Fracci. Poi si sentivano sussurri di curiosità tra gli ospiti e tutti lanciavano occhiate furtive alla star, che fingeva di non essere notata.

 

Il Caffè Trussardi, locale d’élite e costoso tra l’Opera e il Teatro Filodrammatici, progettato dal famoso architetto Carlo Ratti, all’angolo con Piazza La Scala, ha chiuso. Il suo originale dehors con giardino verticale del botanico francese Patrick Blanc sta ingiallendo e seccando, in attesa dello smantellamento definitivo.

 

Il caffè-ristorante VOCE, dall’altra parte della piazza, con il nuovo design dell’altro rinomato studio milanese MDL di Michele De Lucchi, non può certo essere definito una destinazione turistica affollata. Forse il turista medio è spaventato dall’alta scala all’ingresso e dalla solennità delle vecchie porte con maniglie decorative in ottone? Chi lo sa? Resta il fatto che il suo dehors nel cortile del palazzo è più popolare, anche se è aperto solo durante la bella stagione.

 

Fortunatamente, lo storico bar e bistrot Camparino rimane nel suo storico posto, nella Galleria Vittorio Emmanuele II, e si affaccia su Piazza del Duomo; è stato recentemente ristrutturato con successo dall’altro famoso studio milanese di Piero Lissoni.]

 

 

Essere o non essere. Il parere dell’esperto

Abbiamo pensato che sarebbe stato interessante chiedere al famoso architetto Andrea Langhi, che da oltre quindici anni insegna design dei ristoranti ai corsi HoReCa Workshop di Milano, la sua opinione sulla chiusura di vecchi locali come il Caffè Verdi e sulle nuove aperture. Il suo studio è specializzato nella progettazione di locali di consumo fuori casa, soprattutto caffè e ristoranti. Langhi ha creato più di 500 (!) locali. Gli abbiamo raccontato la storia e gli abbiamo chiesto cosa ne pensa.

Andrea Langhi:

 

Ho sempre pensato al mio lavoro in modo effimero

A differenza degli architetti “seri”, quelli che progettano palazzi, ponti, chiese…,

che hanno la possibilità di creare opere che gli sopravvivono e che possiamo osservare ancora oggi e continueremo a osservare in futuro

 

Gli architetti come me che invece progettano locali,

sanno che queste “opere” sono destinate a durare qualche anno,

per poi essere rinnovate o sostituite.
perché i gusti del pubblico, le tendenze, il mondo intero cambiano velocemente.

 

Così quando leggo di un “locale storico” che chiude vivo una sorta di contraddizione

Tra il dispiacere di perdere qualcosa per sempre

E la consapevolezza che comunque quello è il destino di questi spazi

 

A volte pensare a questa cosa ti mette una sorta di malinconia

Pensare cioè di fare un lavoro che, nonostante gli sforzi, la passione, l’impegno quotidiano,

non lascerà alcuna traccia se non in qualche fotografia sbiadita…

Un po’ di tristezza la mette…

 

Eppure sentendo anche le parole del proprietario di questo locale

mentre racconta di quante persone siano passate da li, artisti, cantanti, ballerine,

alcuni famosi alcuni meno, di come tanti abbiano condiviso con loro un ricordo,

 

Mi fa comprendere come il vero valore di questo luogo non sia nei suoi muri o nei suoi arredi demodè

Ma nella memoria delle persone che sono passate da li

Dove hanno vissuto un momento della loro vita, probabilmente felice, e che si ricorderanno per sempre.

 

I locali certo, dopo un po’ chiudono e scompaiono

ma continuano ad esistere nei ricordi delle persone che li hanno frequentati

 

IL VERDI continuerà ad esistere nel cuore di tutti quelli che lo hanno frequentato

 

E questo dà senso anche a quello che faccio

QUESTA STORIA NON È SCRITTA NE’ SUI LIBRI NE’ SULLA PIETRA,

MA NEL CUORE DELLE PERSONE.

E chiunque si sia divertito, innamorato, ubriacato,

in qualche locale che ho progettato,

io lo ringrazio.

 

Perché in quel piccolo pezzetto della sua vita,

ci sono anche io…

per sempre.

 

 

***

Milano è in fase di grandi cambiamenti e di riqualificazione per i prossimi Giochi Olimpici. La maggior parte dei palazzi intorno alla centralissima Piazza della Scala, tra cui il Teatro e il dirimpettaio Palazzo Marino, sono in fase di restauro con impalcatura che gli copre completamente. Pertanto, possiamo aspettarci o sperare che entro il 2026, nei locali oggi vuoti, sorgeranno nuove interessanti attività.

 

Insieme ad Andrea Langhi, abbiamo provato a immaginare cosa ci piacerebbe vedere tra qualche anno sul sito dell’attuale Caffè Verdi, se il suo destino sarà irrevocabilmente determinato. E abbiamo trovato due buone opzioni: il ritorno dello storico Caffè Cova in via Verdi, proprio nel luogo in cui fu fondato nel 1817. Oppure la creazione di un altro Caffè Marchesi 1824 in centro, il cui squisito locale prospera sotto la cupola della vicina Galleria di Vittorio Emanuele II, di proprietà congiunta della famiglia Marchesi e del marchio di moda Prada.

 

Per riassumere, prendiamo in prestito una citazione della simpatica guida Locali Storici d’Italia che ci è piaciuta molto:

“La tradizione non è il culto della cenere, ma la conservazione del fuoco”. Gustav Mahler

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