AUTODETERMINAZIONE - È il principio basilare sul quale si fonda la legge sul fine vita.

Biotestamento, cosa può decidere una persona
Vietati trattamenti non conformi alla legge

Ma anche contrari alla deontologia professionale e alle buone pratiche

Lo scorso 31 gennaio è entrata in vigore la legge 219/17 recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

Ma vediamo in che cosa consiste la legge sul fine vita e come si articola.

L’articolo 1 definisce il consenso informato “nel quale si incontrano l’autonomina decisionale del paziente e la competenza l’autonomia professionale e la responsabilità del medico”: senza consenso informato, nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.

Ogni persona ha diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informato riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario”.

Come raccoglere il consenso informato

Il paziente può decidere di coinvolgere in questo rapporto, oltre all’equipe sanitaria, altresì i propri famigliari o la parte dell’unione civile o il convivente oppure una persona di fiducia.

La persona può anche decidere di non volere ricevere in tutto o in parte tali informazioni: in tal caso, potrà indicare i famigliari o un individuo di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso al suo posto.

Dal punto di vista operativo, la legge prevede che il consenso informato venga raccolto nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente e che sia documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per le persone con disabilità, con dispositivi che permettano loro di comunicare.

Il consenso prestato può essere revocato in qualunque momento, con le stesse forme in cui era stato espresso, e ciò anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento.

Il consenso informato deve essere inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

Nell’ipotesi in cui il paziente manifesti il rifiuto o la rinuncia a trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico deve prospettargli le conseguenze di tali scelte e le alternative ipotizzabili. Il medico è tenuto a rispettare la volontà manifestata dal paziente in merito al rifiuto o alla rinuncia al trattamento sanitario e, conseguentemente, “è esente da responsabilità civile o penale”. In ogni caso “il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali”.

Nelle ipotesi di urgenza o emergenza, è poi previsto che il medico e l’equipe sanitaria apprestino le cure necessarie, rispettando la volontà del paziente “ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”.

Per quanto concerne il consenso informato di minori, interdetti e inabilitati l’art. 3 prevede che “la persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione” e “deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà”.

Chi interviene per i minori

Per i minorenni saranno i genitori od il tutore ad esprimere o rifiutare il consenso informato al trattamento sanitario.

Sarà, invece, lo stesso inabilitato ad esprimere il proprio consenso; nell’ipotesi di nomina di un amministratore di sostegno, il consenso potrà essere espresso o rifiutato anche da quest’ultimo o solo dal medesimo, in caso di rappresentanza esclusiva in ambito sanitario.

Per quanto invece riguarda le persone dichiarate interdette, spetterà al tutore esprimere o rifiutare il consenso al trattamento sentito, ove possibile, lo stesso interdetto.

La legge prevede, all’articolo 2, che il medico deve adoperarsi per allievare le sofferenza del paziente, anche nell’ipotesi di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal curante. A tale scopo “è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione di cure palliative”. Nondimeno, il medico “nei casi di pazienti con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati”. Con il consenso del paziente, il curante può ricorrere alla “sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore”.

Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT)

Punto focale della legge sono le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) disciplinate dall’art. 4 a norma del quale “ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari”.

Le DAT devono essere redatte con atto pubblico o scrittura privata autenticata o scrittura privata consegnata personalmente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza e sono esenti da obbligo di registrazione, da imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa.

Ove le condizioni del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione ovvero attraverso dispositivi che permettano alle persone disabili di comunicare.

È previsto che con le DAT la persona indichi un fiduciario, maggiorenne e capace di intendere e di volere, che faccia le veci del disponente e lo rappresenti nelle relazioni con i medici e le strutture sanitarie. L’accettazione della nomina da parte del fiduciario avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo che deve essere allegato alle stesse.

Il disponente può in qualunque momento, e senza obbligo di giustificazione alcuna, revocare il fiduciario, così come quest’ultimo può rinunciare alla nomina con atto scritto che va comunicato al disponente. Quest’ultimo potrà decidere di cambiare fiduciario senza alcun obbligo di motivazione, così come potrà mutare le disposizioni o ritirarle.

Nell’ipotesi in cui le DAT non rechino l’indicazione di un fiduciario o questi vi abbia rinunciato, sia deceduto o sia divenuto incapace, le stesse mantengono efficacia in merito alla volontà del disponente ed in caso di necessità il Giudice Tutelare nominerà un amministratore di sostegno, secondo le norme del codice civile.

Il medico è tenuto a rispettare le DAT che potranno essere disattese, in tutto o in parte, in accordo con il fiduciario, laddove risultino palesemente incongrue o non corrispondano alla attuale condizione clinica del paziente ovvero nel caso dovessero risultare, allo stato, delle terapie non prevedibili al momento della sottoscrizione, con concreta possibilità di miglioramento delle condizioni di vita del paziente.

La legge ha già trovato la sua prima applicazione: è di pochi giorni fa la notizia di una donna malata di sclerosi multipla, che per prima si è avvalsa della legge manifestando ai medici la propria decisione di volere interrompere i trattamenti sanitari che la mantenevano in vita e di scegliere la sedazione palliativa profonda, per porre fine alla propria esistenza.

Condividi
Share

Commenti

be the first to comment on this article

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vai a TOP