RIFLESSIONI - Uno dei testi cui si fa riferimento nell’editoriale. Un’analisi realistica e inquietante, quello dell’Ispi

L’ORDINE DEMOCRATICO MESSO IN CRISI DA SCELTE IRRESPONSABILI

Decostruzione. Democrazia “obsoleta”. Sovranismi (nazionalismi) sempre più diffusi. Dagli Stati Uniti di Donald Trump alla Russia di Vladimir Putin, dalla Cina di Xi Jinping alla Turchia di Recep Tayyip Erdoğan la “deriva dell’ordine liberale” si palesa in un coinvolgimento planetario preoccupante. Uno sconvolgimento che mina alle radici una condivisione di principi e di valori nel mondo occidentale consolidatasi dopo la seconda guerra mondiale, manifestando contrapposizioni radicali e violente (l’attacco della Turchia alla Siria ne è l’ultimo, tragico esempio, ma non bisogna tralasciare le tensioni commerciali provocate da decisioni unilaterali nell’imporre tassazioni sulle merci).

“La fine di un mondo. La deriva dell’ordine liberale” è il titolo del Rapporto Ispi 2019 – l’Istituto per gli studi di politica internazionale, che ha sede a Milano -, rapporto curato da Alessandro Colombo e Paolo Magri.

“Tra le varie forze che hanno contribuito alla deriva illiberale nel mondo occidentale – si legge nell’introduzione -, tre sembrano essere particolarmente importanti: una globalizzazione economica non sufficientemente governata nel suo impatto polarizzante delle società; alcuni esiti non intenzionali della rivoluzione digitale; e la trasformazione della soggettività politica”. A tutto questo si aggiunga la crisi “del progetto liberale d’integrazione europea”.

 

Un regresso culturale

La società scomposta, di cui avevo scritto in un editoriale alcuni mesi fa, si è diffusa in tutto il pianeta. Paradigmi valoriali, accettati dall’Occidente fino a pochi anni orsono, si dissolvono di fronte a prove di forza non solo delle “super potenze” ma anche a populismi decisamente orientati a forti sentimenti nazionalistici. Siamo di fronte a un regresso culturale che ci allontana dall’auspicata ricerca di un nuovo umanesimo, ricerca ancora possibile date le notevoli potenzialità in ambito culturale, tecnologico, scientifico. Ma tutto finisce in un enorme gorgo dove la spasmodica ricerca della soluzione decisiva ai problemi del quotidiano diviene lotta contro il nemico, il capro espiatorio – migranti, ebrei, giornalisti e via dicendo -, un nemico da insultare, contro il quale anche l’uso della violenza è lecito. La rete, senza controlli ancora sufficienti, supporta e amplifica queste azioni, sempre vili e sempre più diffuse: l’atteggiamento illiberale porta a una lenta e progressiva decomposizione della società, sempre più divisiva e sguaiata.

 

Venendo all’Italia, queste considerazioni trovano un significativo riverbero nel libro di Roberta De Monticelli “La questione morale” (Raffaello Cortina Editore, 2010). Dopo ampi riferimenti alla popolazione italica descritta da Francesco Guicciardini già nel XVI secolo, ricca di vizi con scarse virtù, concetti questi in cui traspare tutta la meschinità, diffusa nella penisola italiana, la studiosa osserva come colpisca “quell’aria di familiarità che hanno purtroppo alle nostre orecchie. Sono la feccia precettistica della meschinità, del servilismo, della doppiezza, del familismo, della diffidenza e della furbizia, belle virtù (!)… Il dio che le ispira è il ‘tornaconto’, il sentimento fondamentale è un disprezzo per il proprio prossimo che oscilla fra gli estremi dell’indulgenza e del rancore, propendendo decisamente per quest’ultimo, con un’ossessiva insistenza, sul sospetto, la paura e la vendetta, apparentemente gli unici motori della storia”.

Ferito il mondo liberale

Quindi, Roberta De Monticelli fa riferimento all’opera “Ricordi” del Guicciardini e trae delle conclusioni che mettono in luce la fase disfacente del sociale, un campionario di illiberalità che sembra quasi far parte del nostro DNA. Relativismo, per cui si trova una giustificazione anche per le azioni più riprovevoli – nei casi di bullismo si parla molto dei giovani, poco dei loro genitori, molti dei quali sono sempre pronti a scagionare il proprio figlio -, aggressività crescente, una accentuata tolleranza della volgarità, anche nei media televisivi… Disvalori che vengono proposti come nuovi valori… Il vulnus al mondo liberale ha anche questi attori, nel quotidiano disinteresse per ciò che li circonda.

Giampiero Massolo, nella Conclusione al report di Ispi, sostiene che “servono strategie e misure di comunicazione idonee a rendere consapevole e preparata l’opinione pubblica alle nuove condizioni di ingaggio negli affari del mondo… Si tratta di dimostrare una leadership che non subisce… i fatti del mondo, ma cerca di interpretarli e di trarne vantaggio per la collettività. Sarebbe oltre che saggio ed etico, anche utile: si potrebbe, chissà, scoprire che l’opinione pubblica, resa più sensibile da accadimenti internazionali che ormai toccano da vicino il nostro quotidiano, è molto più incline alla lettura matura delle complicate questioni da cui dipende il suo futuro di quanto non siamo stati portati finora a credere”.  Un auspicio, quello di Massolo, che è da sottoscrivere perché, nonostante atti e misfatti deplorevoli, la società ritrovi uno sguardo alto per tutelare e rivalutare quel liberalismo che è autentico pilastro della democrazia. La società scomposta può quindi riscattarsi? Sì… anzi, chissà.

Ritornerò, con altri editoriali, su alcuni degli argomenti qui accennati al fine di sviluppare ulteriori approfondimenti.

 

 

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