Russia, Usa, Cina: attacco all’Unione europea
La vicenda delle fake news ha messo in evidenza un’azione destabilizzatrice nei confronti dei Paesi Europei. Ma in Italia non se ne accorgono. La severa analisi del professor Alberto Castelvecchi, docente alla Luiss di Roma
Succede che un’inchiesta del New York Times riveli un’ampia ricerca condotta da Buzzfeed, un enciclopedico sito web che svolge una continua ricerca di notizie e informazioni che compaiono in rete. Questa azione di ricerca è rivolta a qualche milione di siti con un’analisi molto rigorosa che contempla la provenienza degli url – universal resource locator -, ovvero quelle sigle che rinviano a un sito ben preciso. Ebbene, l’indagine rivela che diversi siti riferentisi al Partito democratico o al movimento 5 stelle hanno un unico provider, che veste molteplici casacche, e questo provider è collocato in Russia, pertanto le notizie false che circolano ora sull’uno ora sull’altro partito hanno un unico autore.
La reazione in Italia. Diatriba al calor bianco fra democratici e pentastellati, con reciproche accuse di diffondere notizie false, che taluni prediligono definire fake news.
Quindi, è un po’ come se nel condominio di casa vostra si apra un’accesa discussione sulla scelta del colore per le scale, mentre la città in cui abitate viene presa d’assedio a colpi di mortaio. Metafora troppo forte? No, e ce lo spiega il professor Alberto Castelvecchi, docente di comunicazione alla Luiss di Roma: “È un palese tentativo di destabilizzazione politica messo in atto dalla Russia, tentativo andato già a buon fine con la Germania – in quel caso proprio la diffusione ‘virale’ di informazioni allarmanti sulla situazione die migranti ha svolto un ruolo decisivo nell’affermazione del partito nazionalista Alternative für Deutschland – e ora nel mirino c’è l’Italia, e diciamo pure tutta la Unione europea”.
“Paradossalmente gli ‘sforzi’ di Putin coincidono con quelli di Donald Trump e di Xi Jinping: a Russia, Stati Uniti e Cina dà fastidio una Unione Europea forte, mentre la vogliono divisa, litigiosa, debole”.
Il fatto è che, finora, non si e fatto un granché per agire con fermezza e piena sintonia: il panorama politico dell’Unione presenta un rafforzamento dei nazionalismi a sfondo xenofobo nella parte centrale del continente – Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca (il patto di Visigrad, già ricordato su queste colonne in una precedente intervista al professor Stefano Silvestri) – senza che vi siano figure di riferimento autorevoli, anzi, anche Angela Merkel è in grande difficoltà.
“E così l’Europa consente che vi siano attacchi informatici – sottolinea Castelvecchi -, che non riguardano solo informazioni o notizie false per scatenare litigi, come avviene: dobbiamo pensare che è tuttora attivo il Gru, Glavnoe razvedyvatel’noe upravlenie, ovvero i servizi segreti russi, un apparato del tutto indipendente dall’esercito. Questo apparato è attivo nello spionaggio internazionale e nel predisporre attacchi informatici. L’Europa divisa è la loro priorità”.
“D’altra parte, sarà più facile per imprenditori cinesi trattare singolarmente con Grecia, Spagna, Italia, per acquisire scali portuali ove far attraccare navi mercantili che non trattare con l’Unione europea, con un capitolato predisposto ad hoc, che non fa sconti o eccezioni. Analogo discorso per Russia e Stati Uniti, su altri aspetti, naturalmente”.
“Pensare – aggiunge il docente – che l’Unione ha ancor oggi le caratteristiche per porsi come interlocutore autorevole e del tutto autonomo: abbiamo una moneta unica, che va difesa; un welfare sanitario, che in Russia e Stati Uniti neanche si sognano, per non parlare della Cina; una tutela dei diritti umani, in quanto da noi prima di tutto non c’è la pena di morte e, sinceramente, non si rischia di venire ammazzati da uno squilibrato che, armato fino ai denti, spara su scuole, chiese, centri commerciali; c’è una diffusa forma di democrazia, talmente solida da non temere le spinte dell’estrema destra. La Turchia, che aspirava a entrare in Europa, con le scelte autoritarie del suo leader si sta autoescludendo: i 500 giornalisti dissidenti imprigionati la dicono lunga sulla situazione del Paese. Pertanto, le caratteristiche di fondo dell’Unione sono tuttora solide, ma bisogna farsi sentire”.
In Italia c’è chi comunque ama esibire legami più o meno stretti con “l’amico Putin”. “Una cosa che non va certo bene: la Le Pen va da Putin e ottiene un finanziamento di 10 milioni di euro e se in Francia ci fosse stato il sistema proporzionale – Macron 23%, Le Pen 22% -, la Francia sarebbe nell’attuale situazione della Germania. E poi Salvini… per far cosa? E comunque se io fossi un leader politico europeo a pranzo con Putin ci andrei di corsa, perché è un personaggio di una grande statura politica, però mantenendo una posizione di carattere democratico europeo: lui ha in mente una Russia quasi zarista, che probabilmente non riuscirà più a realizzare, ma che comunque sa come operare sulla scacchiera internazionale. Ma in quella occasione gli farei notare ciò che sto dicendo a lei, sottolineandogli il fatto che sta correndo un grande rischio, dato l’indebolimento economico rispetto all’Unione europea, flessione che contraddistingue anche la Cina, e anche i malumori di corte che sono qualcosa di più che mormorii”.
“Comunque, guardando un po’ di più in casa nostra – conclude il professor Castelvecchi -, condivido la sua metafora del condominio. Questa carenza di sguardo di profondità segnala la mancanza di preparazione della classe dirigente politica. Macron ha scelto qualche decina di suoi coetanei, uomini e donne, provenienti dall’Ena, l’école nationale d’amnistration, e dalle università ove insegnano e hanno svolto master di alto profilo dedicati alla gestione della cosa pubblica. Da noi situazioni formative di questo livello non ce ne sono. E i risultati si vedono”.
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