L’UCRAINA, LA RUSSIA
E LA DISINFORMAZIONE
Dal 2017, sul Velo di Maya MAGAZINE, pubblichiamo notizie e resoconti su ciò che accadeva in Donbass: tutto ignorato. Distratta e disorientata l’opinione pubblica
Le bombe su Kiev. Il prezzo del gas e quello del grano. Le sanzioni contro Mosca. Vladimir Putin che agisce, senza preoccuparsi delle conseguenze (che ci saranno anche per la Russia)…
Da queste colonne avevamo descritto la gravità della crisi fin dal 2017: la guerra in Donbass non è scoppiata ieri, bensì da circa otto anni. “C’è qualcosa di cui non parla la televisione italiana come se fosse un tabù – scriveva nel maggio 2017 la nostra corrispondente da Kiev -, e magari lo è, vista la chiara posizione pro Russia dell’Italia a Lucca durante l’ultimo G7. Non se ne parla in televisione così all’unisono – Rai, La7, Sky Tg24 e i canali Mediaset – per cui, di cosa stupirsi?
Mi riferisco alla guerra in Ucraina, la guerra che dura ormai da più di tre anni, non lontano da noi, sempre in Europa, ad appena poco più di due ore di volo da Milano. La guerra che uccide soldati e civili indiscriminatamente”. Reazioni a questo articolo di forte denuncia? Nessuna.
Nel mese di giugno dello stesso anno un altro nostro servizio: “Tutto è accaduto in due giorni: in Ucraina, il 27 giugno i server dei più importanti enti statali, banche, aeroporti, poste, ospedali, aziende private sono stati paralizzati per colpa di uno di più potenti virus diffuso dagli hacker, denominato Petya. La mattina di buon’ora dello stesso giorno è esplosa a Kiev la Mercedes di un importante colonello del Distretto principale dell’Intelligence, Maksym Shapoval, uno dei capi e ideatore delle strategie ucraine antiterroristiche in Donbass, fra le quali i raid profondi nel territorio occupato delle repubbliche separatiste – Donetsk e Lugansk -, supportate dalla Russia. È successo tutto nella giornata che anticipava la festa nazionale del 28 giugno, il Giorno della Costituzione”. Qualcuno dei media nazionali ha riportato la doppia notizia. No, nessuno.
Oggi, di fatto, il protocollo di Minsk è stato cancellato, accordo per porre fine alla guerra dell’Ucraina orientale, raggiunto il 5 settembre 2014 dal Gruppo di Contatto Trilaterale sull’Ucraina, composto dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR), e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). L’attacco a Kiev lo dimostra in pieno. Ma ciò che si vuole qui sottolineare rimane il fatto che le premesse per un conflitto c’erano tutte: la guerra in Donbass, iniziata poco dopo la firma dl trattato di Minsk, aveva già causato oltre 13.000 morti (dati riferiti da Euronews.com) al settembre 2021. Ma la cifra è da ritenersi per difetto.
Di fronte a una serie di azioni e di migliaia di caduti, nei media occidentali, anche quelli di maggior prestigio italiani, il Donbass veniva considerato un “incidente” marginale, una baruffa fra opposti nazionalismi, ma niente di più. Anche perché i giornali non ne parlavano. Ma l’uomo del Cremlino tesseva la sua tela: dopo l’annessione della Crimea nel 2014, che segna di fatto l’inizio del conflitto, questo dittatore militarista ha predisposto armamenti e truppe per sferrare l’attacco che oggi preoccupa tutto il mondo.
Oggi ci troviamo di fronte a un’opinione pubblica disorientata perché male informata, a un’Unione europea che deve ritrovare una propria identità e capacità d’intervento, anche se l’unità politica è messa in seria discussione – il Gruppo di Visegrad è la più palese contraddizione interna alla Ue, ovvero nazionalisti-separatisti di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia ed Ungheria all’interno di un ampio sodalizio -, ed evitare che Vladimir Vladimirovic Putin, zar “in pectore”, giunga ad annettersi l’intera Ucraina.
Ma non è bastato dare l’allarme, palesare i molti segnali che da Est sono giunti. In questa (prevedibile) guerra per ora ha vinto la disinformazione.
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