editoriale 10 04

Una disciplina del web è d’obbligo per la tutela della privacy

 

di DARIO PERICOLOSI

 

I recenti fatti, legati alla bufera su Facebook, lo hanno dimostrato in maniera inequivocabile: una persona che utilizza internet  non ha nessun potere di controllo sull’impiego dei propri dati online, pur con le leggi vigenti per difendere la privacy.  Si pone quindi il problema di un’etica del web per una questione morale dell’essere umano, – “ l’animale sociale”, come lo definisce Aristotele –, nel contesto della condivisione collettiva di notizie, immagini, dati della società moderna proiettata in un futuro ipertecnologico e iperinformato. Perché la salvaguardia della libertà, della privacy, della sicurezza è un diritto di tutti.

 

Il caso recente di Facebook e Cambridge Analytica ha palesato il grado di incisività raggiunto

dall‘information technology che può mettere a rischio i diritti dell’utente con l’ausilio di software “intelligenti” istruiti per qualsiasi fine. Facebook è un “Golia” con 2 miliardi di utenti e vale in Borsa 500 miliardi di dollari. E nel mondo si contano sulle dita di due mani le superpotenze del web.

 

La sottrazione di decine di milioni di dati di utenti Facebook – singole persone e aziende, cifra in costante aumento se oltretutto si tiene presente che il numero globale di aderenti alla piattaforma è di 2,2 miliardi – da parte della Cambridge Analytica, società attiva nel mercato dei Big Data, ha lasciato tutti sconcertati. Il fondatore Mark Zuckerberg, per salvare la faccia e la reputazione della sua azienda messa in serio dubbio dallo scandalo, ha già disposto le necessarie contromisure per impedire che possa accadere di nuovo.

 

La preoccupazione è grande perché il fatto increscioso dell’utilizzo dei dati personali senza il consenso esplicito e all’insaputa dell’utenza, dimostra ancora una volta quello che da diversi anni sta succedendo con la “compravendita” di dati per i vari scopi leciti o no ( il cosiddetto dark web) nell’impotenza generale.

 

A difesa dei cittadini

 

Il momento di dare una regolata allo strapotere delle “sorelle del web” sembra finalmente arrivato. Il 25 maggio di quest’anno entra in vigore il Gpdr (General Data Protection Regulation Regolamento UE 2016/679), il nuovo regolamento della Comunità Europea. La regolamentazione introdotta ha lo scopo di rafforzare e rendere più omogenea la protezione dei dati personali di cittadini dell’Unione europea e dei residenti nell’Unione Europea, sia all’interno che all’esterno dei confini dell’Unione europea (UE).

 

Un passo avanti a difesa delle persone, ma soprattutto viene tutelato in primis il diritto alla privacy e all’oblio, quando è espressamente richiesto. Ma basterà a fermare il trattamento non autorizzato dei dati da parte delle imprese che hanno il monopolio della pubblicità online? Una risposta non si avrà a breve, dipenderà in buona parte da come si comporteranno le aziende europee e quelle con sede nelle nazioni extraeuropee, e quali contromisure prenderanno. Il Garante per la protezione dei dati personali ha l’onere di far rispettare il regolamento CE, e per chi non lo rispetta è prevista una multa salata, ma tale provvedimento pecuniario sarà sufficiente per “imbrigliare” i dinosauri del web dal valore di miliardi di dollari? Vedremo. Riuscire a disciplinare il mercato dei dati, il “petrolio” del futuro, è impresa difficile. La battaglia per la salvaguardia della libertà, della privacy e della sicurezza è appena cominciata.

 

L’altra faccia della rete

 

I social network permettono a tutti di scrivere post, caricare immagini e video, condividere con i propri amici eventi e quant’altro. Tutto questo senza spendere un centesimo. Ma nessuno dà niente per niente. E il prezzo che si paga è l’utilizzo dei dati personali come moneta di scambio per scopi diversi da quelli per cui erano stati richiesti, senza che l’utente ne abbia la consapevolezza, o ne sia a conoscenza quando scarica e utilizza un’applicazione (abbreviata in app) o una piattaforma online, e, peggio ancora, non ha letto integralmente tutte le clausole del contratto.

 

Gianmarco Stefanini, tra i primi laureati in Scienze dell’Informazione – Informatica – nel 1988, nell’intervista rilasciata al nostro giornale, sottolinea il grado di raffinatezza delle app: “Abbiamo software sempre più sofisticati e di dimensioni accettabili, che sono in grado di entrare persino nell’emotività di tutti noi, capire cosa preferiamo fare del nostro tempo libero, cosa guardiamo al cinema, cosa prediligiamo mangiare e via dicendo.”

È chiaro anche a chi non ha dimestichezza con Internet cosa si nasconde nell’altra faccia del web, quella invisibile. Il nostro esperto di nuove tecnologie ha poi aggiunto: “Questi software non si limitano a contare quante volte compare il termine in oggetto e nemmeno a contare le associazioni, tenendo conto che io posso dare tutte le parole chiavi che desidero, ma subito il software si aggancia a dei vocabolari e analizza in maniera psicometrica i pareri che possono essere positivi, neutri o negativi. Noi siamo stati tra i primi a svilupparli in Italia. Hanno un’intelligenza artificiale, funzionamenti complessi.”

Se poi si va a vedere che, attraverso il machine learning, si può arrivare a leggere i pensieri della mente umana, che ne sarà della libertà di espressione?

 

Nicholas Carr, esperto mondiale di problematiche legate alle nuove tecnologie, nel 2008, in tempi non sospetti, ha pubblicato The Big Switch. Rewiring The World, From To Google. In questo libro l’autore americano parla appunto dei pericoli per la libertà, la sicurezza e la privacy che vengono dal lato oscuro della rete. In particolare, pone la questione dell’etica della stessa e dei rischi connessi al ruolo di controllo non solo delle coscienze e della formazione delle opinioni che le “sorelle del web” o altri potrebbero assumere come risultato delle dinamiche tecnologiche in atto.

Uno scenario da The Big Brother di George Orwell? Un computer universale a cui tutti gli abitanti della Terra saranno connessi? Probabilmente sì.

 

Nell’era dell’Information Technology, le trasformazioni sono continue. Il dilemma per l’uomo diventa quanto tempo dovrà impiegare per adattarsi ai mutamenti tecnologici e adottare sistemi di tutela della propria identità e intimità ogni volta che se ne presentasse la necessità.

È’ prevedibile che sempre più dati affolleranno la rete, nuove normative saranno richieste per disciplinare il traffico mondiale e tutelare gli utenti, al limite tra la libertà e il controllo.

Perché questo è il punto cruciale della rete: quanto sarà ampio il raggio di libertà dell’uomo e quanto sarà esteso l’ombrello del controllo da parte del World Wide Computer ipotizzato da Nicholas Carr?

 

Dopo il datagate di Facebook, resta il dovere di una pausa di riflessione da parte di tutti in vista dei probabili cambiamenti che avverranno nella rete per una maggiore responsabilizzazione anche da parte dei governi locali chiamati a un maggior rigore, legale e fiscale, contro lo strapotere delle multinazionali del web. Il grande Fratello, quello immaginato da Orwell, esiste, lo abbiamo cerato noi.

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