DALL’ASCOLTO AL PROGETTO
COSÌ SI ALIMENTA LA CREATIVITÀ
Ilenia Viscardi, vincitrice del premio Ahec Europe (organizzazione che promuove l’utilizzo del legno), e Archiproducts 2021 (con la poltrona Flora edita da Flou) descrive la propria attività di architetto. “Progetto per offrire ciò di cui si avverte il bisogno, non per sollecitare un banale consumismo”
L’ascolto prolungato del cliente, e poi la fase creativa. Fresca vincitrice del premio Ahec Europe, sodalizio americano che promuove la lavorazione del legno, a cui partecipa con Riva 1920 di Cantù. Vince il premio di Achiproduts awards 2021 con la poltrona Flora di Flou. Oggi è parte di del progetto DDD, acronimo di Dieci Donne Designer, mostra itinerante organizzata da Giacomo Manzoni della fondazione Pio Manzù. È presente con due dei suoi progetti, Flora di Flou e la poltrona Viola di Galimberti Nino. Architetto con laurea conseguita al Politecnico di Milano, racchiude in questa sintesi molto esplicativa il suo modo di intendere l’ideazione e la realizzazione di un singolo oggetto oppure un’abitazione.
Gentile Ilenia, partiamo da questo premio prestigioso, che le è stato consegnato alla Triennale di Milano: come è arrivata la vittoria?
Come una gradita sorpresa! Ho realizzato un mobile che ho chiamato ‘Alter ego’, realizzato in acero americano, e il nome è l’espressione di una ricerca sempre innovativa, un’alterità però non forzata, dove ho utilizzato il materiale che preferisco, il legno appunto.
Già, un amore per ciò che è naturale che fa parte del suo modo di essere, di pensare. Ilenia Viscardi, nata in Brianza, ha ereditato dall’azienda di famiglia una conoscenza approfondita della tradizione del legno e dell’arte della falegnameria.
Dopo la laurea ha condiviso esperienze lavorative con importanti brand del settore. Ha collaborato, come principale architetto d’interni con studi e architetti di fama internazionale, a progetti su larga scala.
Architetto, che messaggio “inserisce” in tutto ciò che realizza? Ilenia Viscardi come si fa riconoscere e cosa desidera esprimere?
Il mio è un messaggio plurimo, alla luce di tutto quanto sta succedendo: sto chiudendo un periodo e ne sto aprendo un altro. Come designer, lavoro molto sull’individuo, per intuito: ciò che avverto ora è il movimento, lontani dalla staticità, per sentirsi più leggeri. Sento il desiderio di proporre qualcosa di mutabile, modificabile, e decido che aspetto dare a un mobile. Stessa cosa quando progetto l’illuminazione. Io sono dell’idea che l’illuminazione abbia una doppia vita, quando una lampada è accesa e quando è spenta: mi piace pensare a questi corpi illuminanti in funzione dell’ambiente, dell’atmosfera che desidero creare. Mi piace molto progettare qualcosa che ciascuno poi possa personalizzare in base alle proprie esigenze, al proprio mood. Non c’è un’imposizione ma una proposta creativa. Mi fa piacere che il fruitore finale si possa sentire parte, riconoscere, in ciò che propongo.
I materiali. Il legno è il suo preferito. E poi?
Tutti quelli naturali. Il nostro pianeta ci offre già ciò di cui abbiamo bisogno. Vengo dal mondo del legno, che adoro, ma utilizzo anche le pietre, i metalli.
Una considerazione: non è vero che il legno non deve essere utilizzato per preservarlo, lo si preserva utilizzandolo con raziocinio. La natura ha i suoi tempi, noi architetti abbiamo la responsabilità di ascoltarli e assecondarli facendo scelte stilistiche adeguate. Se pensiamo che la soluzione sia la sostituzione con materiali artificiali, rischiamo di circondarci di sostanze tossiche. Se lavoriamo con aziende che affrontano con sensibilità l’argomento possiamo trasferire questo concetto, ovvero grande attenzione al materiale naturale e non smettere di usarlo ma con buon senso.
E il suo incontro con il cliente come nasce?
Ascolto tantissimo le persone. ‘Raccontami casa tua’, dico sempre e me lo faccio raccontare perché devo essere al loro servizio, comprendere e rispettare la personalità di chi ci deve abitare.
Cosa pensa di ciò che accade nel mondo e come vede il designer in questo contesto?
Sono spaventata, c’è troppa incertezza, instabilità. Cerco di guardare oltre, senza mai perdere la speranza e la tenacia nella mia professione, riguardo alla quale possiamo dire che ci sono stati gli anni 50 e 60 quando l’architetto aveva grandi responsabilità: c’era da creare la nuova società, bisognava darle un volto. Poi è venuta l’era del consumismo: ti faccio venir voglia di comprare.
Oggi il designer è il portatore del messaggio ‘trattiamo bene il pianeta e trattiamoci bene, con una maggiore attenzione verso l’ecosostenibilità: non progetto per invitare al consumo, ma progetto qualcosa che tu senti il bisogno di avere.
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