Cannabis light: mancanza di chiarezza

Mentre è al calor bianco la controversia fra commercianti di cannabis light e il Ministero dell’Interno, dopo una recente sentenza della Cassazione che proibisce la produzione di derivati, vediamo di fare un po’ di chiarezza. Un sit in in piazza Montecitorio a Roma ha visto la partecipazione non solo di commercianti, ma anche di legali, commercialisti, produttori, che invocano la certezza e la chiarezza delle normative vigenti.

La vendita della cosiddetta “cannabis light” è regolata dalla legge 242 del 2016, entrata in vigore il 14 gennaio 2017. Questa prevede che si possano commercializzare prodotti a base di canapa con un basso contenuto di Thc (tetraidrocannabinolo, principio attivo che crea l’effetto psicotropo), cioè inferiore allo 0,6%. Per capire la quantità, basti pensare che nei classici “spinelli” (o nella marijuana coltivata dallo Stato per scopi terapeutici) il Thc si aggira tra il 5 e l’8%.

Il commercio di “cannabis light” – come illustra una nota di Sky Tg 24 – ha fatto registrare nel 2018 un giro d’affari di 40 milioni, con 778 negozi in tutta Italia. Negli esercizi commerciali che vendono canapa legale si possono trovare diversi prodotti: filtri per tisane, bevande energetiche, torte, vestiti, oltre che bustine di marijuana light. La loro attività è resa possibile da una interpretazione della normativa – considerata dai detrattori “troppo larga” – che tutela la produzione industriale della canapa leggera. La norma, infatti, non prevede la coltivazione per farne spinelli, ma “l’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa, provenienti da filiere locali, oltre che la produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori”. Tecnicamente resta a tutti gli effetti non consentito l‘uso personale ricreativo, vietato dalle precedenti leggi in materia sanitaria.

Caso a parte è invece la cannabis per uso terapeutico, legale in Italia dal 2006. Dal 2016, viene prodotta dallo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, grazie alla collaborazione tra il ministero della Salute e il ministero della Difesa. La sua distribuzione è destinata alle farmacie, per l’allestimento di preparazioni a base di cannabis FM-2 (contenente Thc 5% – 8% e Cbd 7,5% – 12%), dietro presentazione di prescrizione medica non ripetibile. Dal luglio 2018 è disponibile anche la varietà Cannabis FM-1 (contenente Thc 13,0-20,0% e Cbd <1%). La prescrizione di cannabis a uso medico in Italia riguarda l’impiego nel dolore cronico e di quello associato a patologie come la sclerosi multipla, le lesioni del midollo spinale, gli effetti collaterali causati da chemioterapia, radioterapia e terapie per l’Hiv; come stimolante dell’appetito in pazienti con disturbi alimentari o affetti da Aids; per l’effetto ipotensivo nel glaucoma; per la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Tourette.

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