Una pioggia di stelle cadenti Il movimento 5S di fronte al crollo dei consensi

Il movimento nato sul “no ai vaccini”, le scie chimiche, e soprattutto il “vaffa” – celebrato con una giornata dedicata (sic!) -, il movimento nato per “cambiare l’Italia” si ritrova, oggi, con una sconfitta elettorale tanto pesante quanto sottovalutata.

Abituati a slogan legati a una indefettibilità di quanto proposto, promesso, giurato, il gruppo dei 5Stelle perde in Abruzzo il 50% dei propri voti solo in un anno. E nei giorni scorsi avevamo assistito al viaggio del vice primo ministro, Luigi Di Maio, recatosi a Parigi insieme al deputato Alessandro Di Battista per incontrare il rappresentante dei “Gilet gialli” Christophe Chalençon, un sedicente leader che propende per la guerra civile (sic!). Una iniziativa insulsa e controproducente che ha scatenato le ire del presidente Macron – non esente da pecche, comunque, se si pensa a guerra in Libia e ai comportamenti inaccettabili al confine di Ventimiglia – ma soprattutto sta provocando un effetto a cascata anche sotto il profilo economico dopo il richiamo dell’ambasciatore Christian Masset.

Il responso elettorale e l’azione, del tutto improvvida – eufemismo -, del duo Di Maio-Di Battista, due momenti in qualche modo collegati fra loro: l’elettorato comincia a prendere le distanze da un movimento nel quale improvvisazione e velleitarismo hanno prodotto discrepanze e tensioni in ambito sociale e produttivo  e hanno fornito l’ennesima dimostrazione della totale incapacità di conoscere e percorrere con acume quelli che potremmo definire iter politici consolidati nei Paesi democratici.

Allora, due considerazioni. Primo: Di Maio non era “assolutamente libero di fare ciò che ha fatto”, come ha dichiarato, perché non si è recato in un’altra nazione da semplice cittadino per “conversare” con un capo popolo. Di Maio è andato in Francia come vicepremier, e questo è gravissimo. Lo ha accompagnato il suo sodale pentastellato, con il quale condivide un profilo culturale del tutto inesistente, profilo – eufemismo – che porta a quella dissennata diffusione di menzogne all’insegna del “quello che va male è stato prodotto da chi c’era prima, noi abbiamo capito tutto e siamo qui per cambiare l’Italia”.

Che la stiano cambiando è sotto gli occhi di tutti: basta dare un’occhiata ai dati economici per capacitarsene, con uno spread intorno e talora oltre quota 270, una perdita, in termini di investimenti dall’estero, che da settembre a oggi sfiora i 20 miliardi: chi c’era al governo? E c’è anche il “lancio” di frasi demenziali dette in assoluta libertà, come “Barak Obama è stato un golpista”, vero Di Battista?

In questo clima da tregenda ecco la seconda considerazione: Matteo Salvini si smarca dall’alleato di governo sia per quanto riguarda la Tav, sia per l’incidente con la Francia. Abbozza dopo il risultato delle elezioni regionali in Abruzzo, forte di un successo molto ampio, per altro, con la coalizione di centro destra. Salvini, discutibile per modi di porsi e per scelte prossime al razzismo, è però un politico e vede il movimento 5 Stelle precipitare nei sondaggi a livello nazionale: a breve saranno dieci punti in meno in percentuale rispetto a quel 32% circa conseguito neanche un anno fa. E nel movimento grillino se ne sono accorti?

Sembrerebbe di no. Anche dopo la batosta in Abruzzo. Sembra di assistere a una carovana di avventurieri politicanti che, forti di un indubbio successo conseguito nel mese di marzo dell’anno scorso, non fanno altro che insultare, distruggere, dare spettacolo di sé. Ma l’elettorato comincia a prendere le distanze. Troppe vacuità in un progetto politico carente che si basa su un assunto del tutto utopico: la democrazia diretta.

A tutto questo bisogna aggiungere un utilizzo scomposto della democrazia, forma di governo non sempre ben accetta nel nostro Paese – non per nulla abbiamo avuto il fascismo – con una rappresentanza governativa ove aumentano tensioni e divergenze, con un presidente del consiglio a mediare e mostrare ottimismo. Ma il consenso per i 5 Stelle cala…

P.S. – Il Consiglio d’Europa – un organo che non ha a che fare con l’Unione Europea e si occupa di democrazia e diritti umani – ha pubblicato un rapporto sulla situazione del giornalismo in Europa. Il rapporto si intitola “Democrazia a rischio: minacce e attacchi contro la libertà dei media in Europa” e, spiega il Consiglio d’Europa, «valuta la situazione della libertà dei mezzi d’informazione in Europa sulla base di 140 gravi violazioni segnalate alla piattaforma nel corso del 2018. Nel rapporto è scritto che «la libertà di stampa in Italia è chiaramente diminuita nel corso del 2018». L’Italia è uno dei quattro stati con una sezione dedicata: gli altri sono Russia, Turchia e Ungheria. Nel rapporto è anche scritto che «i due vice presidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, usano regolarmente sui social media una retorica particolarmente ostile nei confronti dei media e dei giornalisti».

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