Alessandro Costa

DA M&A E PRIVATE EQUITY: FINANZA MADE IN ITALY AL TOP

Alessandro Costa (Partner di Cavour) svolge un’analisi in una fase congiunturale difficile: “Il sistema industriale italiano? Fra i migliori al mondo”

Mentre l’economia oscilla, come un natante in balia di flutti e marosi per nulla rassicuranti, l’approdo sicuro appare ancora distante, c’è chi guarda avanti, forte delle proprie convinzioni e di un percorso professionale di assoluto rilievo. Stiamo parlando di Alessandro Costa, partner di Cavour Corporate Finance, responsabile dell’ufficio di Milano. Cavour  è una società sorta a Bologna nel 1987 e nel tempo si è specializzata in M&A (fusioni e acquisizioni, ndr), ovvero financial advisory in operazioni che coinvolgono  fondi  di private equity e aziende industriali.

In estrema sintesi, Cavour  è un consulente finanziario che affianca o gli imprenditori, per vendere o far sviluppare la propria azienda, oppure  il managememt di un’azienda,  per comprare o investire in un’altra  azienda.

Alessandro Costa, dopo una laurea in ingegneria gestionale conseguita al Politecnico di Milano nel 1993, ricopre diverse funzioni nel management di diverse aziende nel Milanese. Poi si trasferisce negli Stati Uniti, dove si mette in luce come investment manager nel Venture Capital. Dopo una significativa esperienza come partner presso una società di advisory M&A, nel 2017 approda in Cavour  dove diviene partner. A lui è affidato l’ufficio di Milano.

 

Dottor Costa, oltre alla pandemia, la guerra. L’incremento dei costi delle materie prime sta gravando sulle imprese. Qual è la percezione che avete, sentendo il polso delle aziende?

Iniziamo dalla pandemia. Abbiamo un osservatorio molto particolare perché dialoghiamo soprattutto con gli imprenditori, e il sentiment che registriamo agli inizi del Covid-19 è di grande chiusura, non solo come attività, dovuta al lockdown, ma anche come atteggiamento mentale, di palese preoccupazione. Ma già alla fine del 2020 molte aziende ricominciano a fatturare più di prima: seguono, sì, il percorso della ripresa dei consumi, ma non tralasciano quello relativo agli investimenti, anche per acquisire altre aziende. E nella primavera del 2021 la ripartenza porterà a segnare quei dati nell’incremento del Pil che hanno sorpreso un po’ tutti inclusi i partner europei. Poi, verso la metà dell’anno, i costi hanno cominciato a lievitare, aspetto che registriamo anche nei primi mesi del 2022: gli eventi precipitano e la guerra fra Russia e Ucraina non fa che aggravare maggiormente questo aspetto. Parliamo effettivamente di shortage delle forniture e  di incrementi dei prezzi delle fonti energetiche – i costi della bolletta sono lievitati da 8 a 51 miliardi quest’anno,ndr – così come nel campo dei chips, dell’elettronica e delle materie prime in generale. Ma, fra le molte, c’è una cosa che viene sottaciuta: per fortuna sono poche al momento le aziende che subiscono, a livello dei ricavi, l’effetto delle ritorsioni create dalla Russia.

Voi vi occupate in particolare  di fusioni e acquisizioni e di private equity: come vano le cose in questo ambito?

La nascita della pandemia aveva molto dimuito le operazioni, lasciando il campo quasi esclusivamente  ai fondi di  private equity. Ma nell’autunno 2020 l’attività di M&A è ripresa sia con compratori industriali , sia con  fondi di private equity ancora più agguerriti visto l’aumento della liquidità nel sistema. Peraltro, sotto il profilo del private equity, l’Italia è uno dei mercati migliori del mondo per rendimenti finanziari ottenuti storicamente. Con interventi che tipicamente   riguardano  aziende con fatturati da 20 a 100 milioni, che ne favoriscono lo sviluppo come tante storie di successo dimostrano. La crisi del  2008 post  crollo della Lehman Brothers, fu mal gestita a livello internazionale ed  aveva avuto effetto  negativo per almeno tre anni sia a livello economico che finanziario.  In questa crisi, invece, le immissioni di liquidità, promosse in ambito Ue, hanno favorito la ripresa dell’economia  ed anche  del M&A e  del private equity, e il made in Italy finanziario, se così possiamo definirlo, ha raggiunto livelli di eccellenza. In effetti possiamo rivolgere  un plauso ai governi e le banche centrali occidentali per come hanno saputo gestire la tenuta dell’economia.

Un aspetto molto delicato è quello relativo al passaggio generazionale: talora si sono registrati degli autentici disastri, allorquando gli eredi non si sono mostrati all’altezza dei compiti loro affidati, dopo la scomparsa della figura leader dell’azienda. Ci può illustrare qualche modalità di intervento per proteggere beni e persone?

Chi fonda un’azienda, grazie a felici intuizioni e capacità gestionali innate, la vede crescere, sviluppare.  La maggior parte delle aziende italiane ha un management familiare: troviamo il figlio, o i figli, del fondatore, oppure c’è il genero o la nuora. Ma, è questione meramente statistica, è sempre meno probabile che con l’ennesimo passaggio generazionale si trovino risorse familiari competenti.  E qui bisogna che chi è alla guida abbia la capacità, distante da ogni sentimentalismo, di verificare le capacità di chi gli sta vicino. Se non vi sono garanzie sotto il profilo gestionale, bisogna avere il coraggio di cercare una o più figure manageriali esterne che sappiano intervenire con oculatezza e competenza per far sì che l’azienda traghetti verso altri assetti e altre dimensioni. E qui ritorniamo al M&A startegico con l’integrazione in un gruppo industriale che garantisca competitività nei mercati globali  oppure con l’intervento del private equity.

Il sistema impresa Italia si sta indebolendo. Ma, secondo lei, ci potranno essere opportunità di crescita?

Guardi, il sistema industriale italiano è a livelli di eccellenza, tant’è vero che sempre più  spesso capitali stranieri vi investono e questo rappresenta un plus e non un minus,  come invece la stampa non specializzata solitamente  racconta. Inoltre è da diversi anni che il nostro  export segna cifre da record. Oggi lo scenario si è aggravato, per le ben note vicende belliche, ma resta il fatto che in ben oltre cento segmenti industriali (dai super yacht alle macchine per il packaging) le aziende italiane sono  leader mondiali. Sì, le opportunità di crescita si ripresenteranno e noi le sapremo cogliere. Le capacità non ci mancano. E finchè il made in Italy realizza prodotti che tutto il mondo desidera, potremo guardare con fiducia al futuro.

www.cavoursp.it 

 

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