CLASSI ENERGETICHE DA MIGLIORARE CON RISCHI PER I PROPRIETARI

Una direttiva europea approvata di recente obbliga chi possiede immobili a un adeguamento degli stessi ai dettami della sostenibilità. C’è tempo fino al 2030. La negligenza diviene colpa

Siamo alle solite: l’adeguamento egli immobili italiani alle nuove esigenze di sostenibilità  segnala dati preoccupanti, con possibili riflessi sulle economie di molti risparmiatori. E a trarne un immediato beneficio possono essere le banche.

Comunque, come segnala il giornale delle Pmi.it, “la direttiva europea approvata dal Parlamento UE per ridurre il consumo energetico nel settore immobiliare comporterà ingenti interventi per il patrimonio residenziale italiano, che entro il 2030 dovrà raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E per poi salire alla D entro il 2033”. Intendiamoci, non si tratta di classi energetiche “proibitive” – la G è l’ultima della scala ndr – però è palese che molti, forse troppi proprietari di immobili hanno trascurato l’aspetto della sostenibilità.

“Lo scenario non è roseo – riporta il giornale di categoria -, se si tiene conto che il 62% dei 34 milioni di edifici residenziali rientra nelle due classi energetiche più basse, la F o la G. Gli interventi di efficientamento energetico necessari per allineare le abitazioni alle direttive comunitarie, infatti, rischiano di essere molto onerosi”.

“Secondo gli esperti, ad esempio, per un appartamento in condominio risalente agli anni Ottanta il costo di efficientamento energetico potrebbe incidere per 600 euro a metro quadro, quindi 60mila euro per una casa di 100mq. Un  aiuto per finanziare questi interventi obbligatori arriva dai cosiddetti mutui green: si tratta di tradizionali prestiti ipotecari, offerti da quasi tutte le banche, che hanno come finalità il finanziamento all’acquisto di una casa ad alte prestazioni energetiche, ma anche la progettazione o ristrutturazione di una casa a basso impatto ambientale”.

In buona sostanza, da un lato c’è senza dubbio la negligenza di proprietari che preferiscono mantenere lo statu quo, e negli annunci di vendita nella classe energetica preferiscono esibire G, che comporta un indubbio deprezzamento dell’immobile (ma si segnalano, nelle città come Milano, solo incrementi, nonostante anche la carenza di box o posti auto…), piuttosto che programmare una serie di interventi ad hoc, in primis il rifacimento, previa verifica, degli infissi.

Nel contempo, però, si muovono banche e assicurazioni per offrire un “affiancamento” per eventuali spese da sostenere. Con i tassi attuali.

Coloro che, in ambito professionale, possono svolgere un ruolo importante – sono tenuti deontologicamente a tutelare gli interessi dei proprietari di immobili – sono gli amministratori di condominio, che ben conoscono, o dovrebbero essere a conoscenza, dello stato dell’arte degli immobili che amministrano: una preventiva circolare per dar conto del problema e un’eventuale assemblea per delineare strategie di intervento, al fine di abbattere i costi, se gli interventi di miglioria coinvolgono diversi soggetti, sarebbero quanto mai da incoraggiare.

Si tenga presente che l’intervento vòlto alla sostenibilità sarebbe quanto mai opportuno anche per piccole e medie imprese, sia per ciò che concerne le strutture ove avviene la produzione, sia per le parti a uso direzionale (uffici, sale riunioni, parti comuni dell’immobile…).

Non intervenire significa andare incontro a una serie di problemi a cascata, con ingenti spese da sostenere, quand’anche sanzioni amministrative, laddove si segnalassero gravi evidenze di trascuratezza nella gestione di un immobile.

 

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