ICT, PIÙ INVESTIMENTI NONOSTANTE UNA DIFFUSA CARENZA CULTURALE
Pur in un panorama di difficoltà, le stime degli investimenti nel settore arrivano a oltre 84 miliardi di euro. Ma appare ancora insufficiente la preparazione di base di cittadini e imprenditori
Il mercato dell’Information and Communication Technology (Ict) sta crescendo anche in Italia: la stima, secondo quanto riportato nella nuova edizione del IDC Worldwide Black Book Live Edition, indica per l’anno in corso un valore complessivo di 82,7 miliardi di dollari – 84,2 secondo altre fonti, ndr – , grazie ad una crescita annua superiore al 3%. È quanto riporta il giornale on line Key4Biz, in un articolo di Flavio Fabbri.
Ciò che il pubblicista sottolinea è il fatto che nonostante il rincaro delle materie prime, anche energetiche, l’inflazione alle stelle, le difficoltà delle supply chain, la guerra in Ucraina, e la contrazione del Pil, aggiungiamo noi, “entro la fine dell’anno i ricavi del segmento cloud dovrebbero superare i 6 miliardi di dollari nel nostro Paese”. Che cos’è il cloud? Il Cloud, o meglio, il Cloud Computing (nuvola informatica) indica un servizio offerto da un insieme di computer o più nello specifico server che possono anche essere sparsi nel mondo, cosa che in passato veniva offerto da una solo computer/server o da più macchine ma localizzate tutte nello stesso posto. Questa evoluzione si è avuta solo grazie all’enorme progresso e potenziamento delle reti di connessione internet, cosa in precedenza era impensabile (da Giardiniblog). Sempre sul sito citato si precisa: “I servizi maggiori racchiusi dal termine Cloud sono, archiviazione, elaborazione e trasmissione di dati. Come possiamo vedere ultimamente, il cloud viene proposto un po’ in tutti i campi nel mondo dell’informatica e il marketing cerca di far leva su questo termine per attrarre la maggior parte degli utenti”.
Nonostante i dati incoraggianti, in Italia gli investimenti in Ict sono ancora in ritardo rispetto al resto dell’Europa: essi sono cresciuti del 2,1%, ma come riporta Borse.it, in un articolo di Alessandro Caparello, “così si legge nelle previsioni economiche della Commissione europea in merito alla situazione dell’Italia. Un aumento molto graduale dei salari, insieme a condizioni occupazionali ancora favorevoli, dovrebbe sostenere una modesta ripresa dei consumi privati per tutto il 2024, nonostante la prevista scadenza di tutte le misure temporanee di sostegno al reddito. I tassi di partecipazione al lavoro dovrebbero stabilizzarsi dopo la robusta crescita registrata fino alla metà del 2023. L’attività di investimento dovrebbe subire una contrazione nel resto del 2023 e poi una moderata ripresa nel 2024…”. A tutto ciò si aggiunga anche il fatto che le competenze di cittadini e imprenditori sono ancora troppo basse e, negli ultimi due anni, le considerazioni sul fatto di utilizzare maggiormente ciò che è digital sono tuttora superficiali: chi ritiene il tutto troppo costoso e chi ritiene che il settore abbia ancora una funzione marginale. Manca ancora una cultura imprenditoriale ben consolidata riguardo all’Ict e al digital inteso in senso lato. La sfida è ardua ma decisiva per non rimanere indietro, rispetto agli altri Paesi.
E ci sono due considerazioni da fare
1) L’Italia è un paese morfologicamente difficile da “internettizzare”, la conformazione del territorio con montagne e colline non lo permette così agevolmente. Quindi si assiste a una polarizzazione di competenze, fruizione dei supporti e alfabetizzazione digitale solo nei grandi centri urbani. È paragonabile, come fenomeno, all’alfabetizzazione grammaticale di decenni orsono, con i contadini sempre più arretrati rispetto alle classi più elevate che popolavano le grandi città;
2) Manca clamorosamente una vera idea di “cultura digitale nazionale” che sia inclusa nei piani formativi statali. Quindi, escludendo i privati, mancano corsi e docenti specializzati nel digitale in qualsiasi scuola statale di ogni ordine e grado. È tutto affidato agli insegnanti di ICT (ove presenti) nelle sole scuole di formazione tecnico-professionale. Nel 2023 questo è un grosso problema culturale, che ci lascia indietro rispetto ai Paesi europei e non ci permette di competere nel sistema globalizzato. Oltre al fatto che ormai il digitale andrebbe insegnato dalle elementari in su e concepito come nuova frontiera dell’educazione civica (pensiamo alla scarsa educazione digitale di genitori e figli collegata ai vari casi di bullismo in rete).
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