MARIO ARLATI, PITTORE MATERICO “VADO AL DI LÀ DI CIÒ CHE VEDIAMO”

Colore ma anche intonaci dei muri: così l’artista propone nuove sensazioni. Preziosa, oggi, la collaborazione con la prestigiosa galleria d’arte Contini di Venezia

La pittura, l’arte, l’interpretazione del reale e non solo fanno parte del suo modo di pensare, osservare. Così Mario Arlati a16 anni è iscritto alla scuola d’arte del Castello Sforzesco di Milano: non termina gli studi a causa dell’ondata della contestazione, ma la formazione, come ci tiene a sottolineare “l’ho terminata nelle “botteghe” di artisti amici”.

Pittore definito “informale materico” perché usa il colore, le mani e materiali molto vicini alla quotidianità, anche intonaci dei muri, per scoprire “nei buchi” un’alterità rispetto a ciò che ci appare evidente, anche al sé individuale.

Può approfondire questo concetto, che coniuga psicologia e filosofia?

In ogni spaccatura c’è sempre un modo di “andare al di là”, di queste crepe. Si pensi al Mediterraneo, alla Sicilia, alla Sardegna, aree che vengono battute dal sole forte e dal vento: mutano la loro fisionomia, agli occhi dell’osservatore. Un osservatore attento? No, anche per chi semplicemente fa turismo.

Lei parla di “buchi”, di utilizzo di materiale non conforme. Cosa va cercando?

C’è sempre un qualcosa da scoprire in questi buchi, e si percepiscono questi segni che mi danno forti emozioni e io, attraverso le mie opere, cerco d trasferirle ad altre persone.

 

Com’è iniziato tutto? E in famiglia?

Guardi, all’inizio c’è stato chi mi ha insegnato a pulire i pennelli e come riporli, dopo averli usati. All’inizio era una pittura figurativa, ma già usavo materiali alternativi.

C’è anche da considerare che avevo questa doppia attività, vivevo in famiglia dove mio padre era ristoratore e, con i miei fratelli, anch’io davo una mano nel locale.

A un certo punto succede che negli Anni 70 inizio un percorso di esposizione in Germania. Poi arrivo a Ibiza e, grazie al gruppo degli artisti “ibizenchi”, la mia esperienza è cresciuta in modo notevole. Fra gli altri, avevo come punto di riferimento anche la galleria dell’olandese Karl Van Der Voort. Sì, è il periodo in cui mi muovo in Europa. Mi sposo, ho te figli e, oggi, sei nipoti. E sono sempre alla ricerca di andare al di là delle cose, di ciò che si vede.

A questo punto, ecco il suo lancio definitivo. Cosa succede nei decenni successivi?

Negli anni 80 e 90 si incrementa il numero delle mostre, oltre alla Germania anche Olanda, Belgio, Francia e Spagna. Negli anni 80 faccio una ricerca sulle emozioni olfattive attraverso le emozioni del colore, una sinestesia. Questo progetto me lo presentò Claudio Ceritelli, critico d’arte, molto legato alla pittura. Questa ricerca mi ha insegnato molte cose, anche grazie al supporto scientifico di neuro specialisti – Gabriella Bottini e Eraldo Paulesu, fra gli altri – e con l’amico Paolo Calzavara e il “naso” Arturetto Landi – ha realizzato i migliori profumi tuttora commercializzati – sviluppammo il progetto “Il profumo degli occhi”, progetto che ho intenzione di riproporre l’anno prossimo.

Negli anni 90 ho esposto alla Galleria Reggiani, una delle più prestigiose di Milano, condotta da Maura Simion e Franco Cavenaghi, per la pittura d’avanguardia, ove si potevano ammirare opere di Veronesi, Nangeroni, Enzo Forese, Ulivieri. In Germania sono stato il primo artista a sfondare il muro, in senso metaforico, alla galleria privata Kreisparkasse a Ravensburg. Ho partecipato anche a fiere d’arte, come Miami Art, negli Stati Uniti.

Dopo tanto viaggiare a quando il suo rientro in Italia?

A fine anni 90 torno in Italia e inizio la mia collaborazione con la prestigiosa Galleria Contini di Venezia, che dura tuttora. Collaboro con la Fondazione Bevilacqua La Masa e con il Museo di Sant’Apollonia e in più sono stato il primo ad illuminare il campanile di San Marco con le mie opere grazie alla tecnologia dei Guzzini, un’eccellenza nell’illuminazione, sono un po’ i maghi della luce.

E oggi? Cosa ne pensa dell’oggi?

Oggi la prima cosa che dobbiamo fare è evitare di finire nelle braccia del virus e nello stesso tempo insistere in ciò che si vuole realizzare.

 

www.continiarte.com/artist/mario-arlati/

 

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