Roberto e Marco Coletta

MILANFISA, MEMORIA STORICA DELLA MUSICA DI OGNI TEMPO

Nel 1957 in questo negozio fu venduta la prima Fender Stratocaster. Ribelli, Rokes, Dik Dik, New Dada, Adriano Celentano: molti gli artisti che si sono riforniti qui

Nel 1957 mise in vetrina una Fender Stratocaster. Un rappresentante austriaco di strumenti a corda, Hans Bauer, gliela raccomandò: “Negli Stati Uniti, grazie al rock’n’roll, è uno strumento molto richiesto”. Mario Coletta, che aveva fondato il suo negozio in via Paolo da Cannobio nel ’47, gli diede retta e dopo una settimana vendette la chitarra, la prima di una lunga serie.

Ma torniamo a quel periodo post bellico: l’allora titolare veniva da Castelfidardo, patria delle fisarmoniche, e Mario Coletta iniziò l’attività di vendita e riparazione di questo strumento. Da qui il nome del negozio, Milanfisa, ove volle coniugare il nome della città d’adozione con parte del nome dello strumento che conosceva alla perfezione.  Forniva assistenza anche a un altro negozio storico in ambito musicale, Monzino, ormai chiuso.

Oggi l’attività è portata avanti da Roberto e Marco Coletta, figli di Mario. Con loro delineiamo il percorso di quello che divenne, negli anni, un punto di riferimento per molti artisti.

Milanfisa, dopo la vendita di quella ‘mitica’ Fender ha ampliato e modificato la propria attività commerciale. Quali gli artisti che hanno varcato la soglia del vostro negozio?

Ricordarli tutti è difficile. Rimanendo al periodo degli anni Sessanta, durante il quale il negozio arricchì il proprio assortimento – con altri tipi di chitarre elettriche, i bassi, le tastiere, un’ampia scelta di amplificatori, di batterie -, vennero da noi Adriano Celentano, I Ribelli, I Dik Dik,, I Delfini, I Camaleonti, i Rokes, Ricky Maiocchi, I Satelliti, Le Anime, I New Dada e via via molti altri. Tenga presente che in gran parte erano gruppi giovani, non avevano molti soldi, ma con qualche cambiale acquistavano ciò di cui necessitavano. E onoravano le scadenze dei pagamenti.

Jimi Hendrix venne a Milano nel ’68 per un solo concerto, fece in tempo a farvi visita?

No, anche perché arrivò molto tardi. Però conoscevamo il suo impresario, Leo Wächter, che gli organizzò il concerto al Piper, il locale che si trovava all’interno della Triennale. Via via divenne l’impresario di molti degli artisti di cui abbiamo parlato.

E oggi la storia di Milanfisa continua?

Sì, con i giovani che si avvicinano al rock e alle varie derivazioni. Entrano in negozio, guardano, apprezzano, qualche volta comprano (Roberto e Marco sorridono, ndr).

Con la situazione che stiamo vivendo, data la pandemia e la guerra, che clima si respira nell’ambiente musicale?

Anche per i musicisti è un periodo nero – a livello di negozi significativa la chiusura di Bosoni, altro punto di riferimento per gli artisti – e le difficoltà economiche ci sono, questa crisi non si risolve a breve. L’unica cosa che ci ha salvato un po’ è l’iniziativa realizzata nelle scuole: hanno sospeso l’uso del flauto dolce, per motivi sanitari, e hanno introdotto l’impiego delle tastiere, dello xilofono, dell’ukulele. Questa idea ci ha portato un po’ di beneficio, ma di breve durata. Diciamo che resistiamo…

Un po’ di pessimismo per il futuro?

Diciamo realismo, con un domani ancora incerto. Ma la musica continuerà, perché fa parte della vita dell’uomo. E questo è un segnale di incoraggiamento per tutti.

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