Don Milani e il suo messaggio a proposito dell’inclusione

“Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati”
Così diceva Don Lorenzo Milani. Un prete scomodo, un uomo che utilizzava un linguaggio tagliente ma preciso e proprio per questo era oggetto di grande consenso o di forte dissenso.
Per Don Milani la scuola era un mezzo per dare a tutti, soprattutto ai poveri, strumenti culturali perché diventassero più liberi e più eguali. Nella scuola di Barbiana raccolse tutti senza distinzione e proprio grazie a quei ragazzi il sacerdote educatore conobbe i tanti problemi del mondo reale di allora.
Lui, figlio di una famiglia benestante, operò per far sì che i giovani diventassero protagonisti del proprio futuro, li guidò verso lo sviluppo di un pensiero critico e insegnò loro a ragionare con la propria testa.
Dalla scuola di Barbiana giunge a noi un messaggio più che mai valido e per nulla retorico: la cultura rende eguali dal punto di vista della potenzialità dei saperi, dà dignità all’uomo. La parità culturale è uno strumento necessario per superare una vita ripetitiva, senza slanci e priva di entusiasmo. Il piacere di sapere rende liberi.
La scuola di Don Milani era una scuola aperta, viva, stimolante, non certo facile. Si studiava. Ci si impegnava perché lo studio è sacrificio. Si sperimentava.
Così a Barbiana si sviluppava l’autonomia, la riflessione critica, si acquisivano conoscenze e abilità, oggi potremmo dire che si realizzava la didattica delle competenze: sapere e saper fare.
“I care”, mi occupo di te, ti ho a cuore, mi interessi come persona mi interessano le tue emozioni , instauro con te una relazione perché da essa poi nascerà l’apprendimento, un apprendimento attivo e stimolante.
Ecco l’inclusione oggi di moda, nelle scuole non si parla d’altro. Navigando sui siti dei vari istituti scolastici da Nord a Sud si leggono trattati sull’inclusione scolastica, progetti di ampia portata, spesso autoreferenziali e con linguaggio non sempre comprensibile.
Se includere significa rispettare le esigenze di tutti progettando e organizzando gli ambienti scolastici e l’apprendimento, in modo da consentire a ciascuno di partecipare alla vita di classe attivamente, dando la possibilità ad ogni alunno di emergere a seconda delle proprie potenzialità, allora si favorisce l’inclusione. E’ così nelle nostre scuole?
Don Milani affermava: “Nulla è più ingiusto che far parti uguali tra disuguali”. Riflettere oggi sul suo messaggio pedagogico è senza dubbio realizzare a pieno l’inclusione, ogni giorno, nelle piccole cose della vita di classe. Oggi gli svantaggiati socialmente e culturalmente rientrano nella categoria dei Bes (bisogni educativi specifici), ma ritengo che ogni alunno abbia un bisogno educativo specifico perché necessita di attenzione, stimoli e, a volte, supporto.
Occorre modificare l’approccio del docente che non dovrebbe solo preoccuparsi di definire l’alunno con i bisogni educativi specifici, ma dovrebbe aver chiare le finalità di una programmazione specifica e conseguentemente valutare ciascun studente rispetto ai livelli di partenza e gli obiettivi raggiunti dando la giusta risposta in relazione alle difficoltà e condizioni.
Certamente questo percorso è difficile, richiede impegno e competenze da parte degli educatori, ma proprio in questo sta la bellezza e l’unicità della professione docente che da trasmettitore di conoscenze diviene professionista della cultura e riconosciuto come tale dal contesto sociale.
E’ evidente che ciò comporta una solida preparazione specifica, una formazione continua ed un’elevata autonomia progettuale non sempre riscontrabili nella scuola di oggi.
Un’attenta rilettura del libro “Lettera a una professoressa” scritto dal sacerdote di Barbiana gioverebbe sicuramente.
Perché c’è chi pensa come il mitico Pinocchio di Collodi: “Che cos’è questa musica? Peccato che io debba andare a scuola, se no……” e rimase perplesso. “Oggi andrò a sentire i pifferi e domani a scuola; per andare a scuola c’è sempre tempo”. E di pifferai, oggi, ce ne sono in giro molti.

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