AL BAR BASSO PER INCONTRARE UNA MILANO PER TUTTI I GUSTI

Dal dopoguerra al boom economico, dagli anni 60 ai giorni nostri, per scoprire mille modi per preparare drink. Incontro con il titolare Maurizio Stocchetto

“Aperitivo stasera?” una domanda che, oggi, causa pandemia, rimane inevasa, anzi non viene proprio formulata. E sbiadiscono anche le note e le parole di una canzone del 1961 di Gino Paoli “In un caffè”, che era il lato B di “Un uomo vero”. “In un caffè/Coi camerieri maleducati/Per la prima volta/Noi ci siamo amati…” cantava Paoli.

Al bar per incontrarsi, per parlarsi un po’, di affari, di amore, di tutto… E il Bar Basso di Milano è un’icona storica ove dal 1947 migliaia di persone si sono incontrate senza trovare quei “camerieri maleducati” del caffè di Paoli, ma, anzi, un ambiente accogliente, rispettoso delle molte clientele che in oltre 70 anni di attività si sono avvicendate al banco o ai tavoli del locale. Cocktail, spumanti, prosecchi, vini rossi e bianchi: ce n’è per tutti i gusti, con una proposta sempre di alto profilo quanto a qualità.

Foto anni 70 e, a destra, Mirko Stocchetto

Ma facciamo un salto indietro nel tempo. Nel 1933 Giuseppe Basso apre un’osteria a Porta Vigentina. Nel 1947 il locale viene aperto in via Plinio, dov’è tuttora. Nel 1967 viene acquistato da Mirko Stocchetto e Renato Hausamann, noti per aver lavorato presso l’Hotel Monaco a Venezia in tempo di guerra e, successivamente, all’Harry’s Bar di Venezia e all’Hotel Posta di Cortina d’Ampezzo per vent’anni. “Hausamann, per la verità fu un socio finanziario, e rimase a Cortina, mentre mio padre divenne titolare a tutti gli effetti”, racconta il figlio, Maurizio Stocchetto, che dal 1982 – “avevo sedici anni” – ha dapprima affiancato il padre per poi prenderne il posto alla guida del prestigioso locale.

Era il periodo della Milano da bere. Poi c’è la leggenda del Negroni sbagliato. “Non fu per nulla uno sbaglio”, ricorda Maurizio. “Mio padre volutamente aggiunse spumante invece del gin. Il risultato fu un nuovo cocktail dal sapore unico, ma venne chiamato Negroni sbagliato, definizione che sopravvive tutt’oggi”.

Adriano Celentano e il Clan, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Renzo Palmer… L’elenco dei frequentatori provenienti dal mondo artistico sarebbe lungo. “Ma non dimentichiamo neanche impiegati e operai e, nei tardi anni 70, anni di piombo, ospitammo anche giovani del Movimento studentesco che, magari, si trovavano a fianco con esponenti del 3° Celere, senza che mai accadesse nulla”.

Bar Basso, oggigiorno

“Il Bar Basso – conclude Maurizio Stocchetto – ha visto anche come si è evoluta la donna: negli anni 50 per una donna era sconveniente andare al bar da sola, poi con gli anni 60 le cose sono cambiate, sotto il profilo della moda, della musica, dei rapporti con l’altro sesso. Da una donna ben rappresentata nel film ‘Vacanze romane’ siamo arrivati alla donna emancipata che studia, lavora, vive una propria vita più libera”.

Il Bar Basso è sempre lì, con quell’insegna luminosa d’un coloro rosa delicato. Si attende la fine della pandemia per rivedere gli ospiti pronti a nuove degustazioni. Per incontrarsi, per parlarsi un po’, di affari, di amore. Di tutto. Finalmente.

www.barbasso.com

 

 

I VOLTI DI MILANO

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