ALLA RICERCA DELLA SOSTENIBILITÀ BALUARDO A TUTELA DELLA NATURA

Clair Brown *

I climatologi e gli economisti liberisti danno risposte assai diverse al quesito: “Che cos’è la sostenibilità?” Questa domanda in pratica significa: l’odierna qualità della vita può essere pari, o addirittura superiore, per le generazioni future?

Gli economisti liberisti hanno adottato il concetto di sostenibilità debole, secondo il quale l’uomo può liberamente sostituire vari input nel processo di produzione: in altre parole, il capitale creato dall’uomo (tecnologia, macchine, know-how) e il capitale naturale (foreste, minerali, pesci) sono intercambiabili in una varietà di combinazioni. Possiamo per esempio usare più tecnologia e meno energia (o meno capitale naturale di altro tipo), oppure meno tecnologia e più energia, senza diminuire la produzione. Nel concetto di sostenibilità debole, il capitale naturale non limita la produzione e gli uomini controllano l’ambiente e l’utilizzo delle risorse naturali. Si ricorre ai modelli di mercato per valutare il riscaldamento globale e il suo effetto economico, senza preoccuparsi della distruzione di ecosistemi cruciali. Quanto alle future generazioni, non importa se la generazione odierna consuma tutte le risorse non rinnovabili o inquina l’atmosfera, purché essa compensi queste perdite trasmettendo ai discendenti abbastanza capacità produttiva (macchine, edifici, tecnologia) e abbastanza reddito.

I limiti fisici

Seguendo il suggerimento dei climatologi, l’economia buddhista adotta invece il concetto di sostenibilità forte: esistono limiti fisici al capitale naturale e gli ecosistemi più importanti vanno preservati. Questi limiti impongono rigorosi vincoli all’attività economica. Il capitale artificiale e il capitale naturale non sono intercambiabili. L’analisi economica dei cambiamenti climatici deve porre un freno all’intercambiabilità nel processo di produzione, riconoscendo i limiti fisici del capitale naturale per preservare gli ecosistemi più importanti del pianeta.

La sostenibilità forte considera l’uomo parte integrante degli ecosistemi terrestri: gli esseri umani non devono dominare l’ambiente per il proprio tornaconto personale. Non si può più considerare utile un’analisi costi-benefici basata sulla sostenibilità debole, perché non si può più fingere che vi sia un’intercambiabilità tra capitale artificiale ed elementi del capitale naturale come l’aria e l’acqua pulite, la cui esauribilità è evidente. Quando saranno stati raggiunti i limiti fisici del capitale naturale, l’economia non potrà più ignorarli. I modelli economici andranno a sbattere contro un muro, il muro dei limiti naturali. Viviamo su un pianeta finito.

Che in passato considerassimo la sostenibilità debole o forte non aveva molta importanza, perché l’economia globale era ben lontana dai cruciali confini che mettono a repentaglio gli ecosistemi essenziali alla vita sulla Terra. Si poteva accettare, nel processo di produzione, l’intercambiabilità tra capitale artificiale e capitale naturale, perché quest’ultimo non aveva i limiti odierni. Oggi gli scienziati sono finalmente riusciti a convincerci che gli ecosistemi naturali hanno confini precisi, anche se non sappiamo ancora bene quali essi siano.

 

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  • Articolo tratto dal libro Buddhist Economics scritto dall’autrice e tradotto in Italia con il titolo L’economia del Buddha, pubblicato nel 2018 da Antonio Vallardi Editore – Gruppo Gems, Milano. (Pagine 97 e 98)

 

 

 

 

 

Clair Brown è docente di economia all’Università di Berkeley (California), ha pubblicato importanti ricerche su temi cruciali quali l’impatto economico delle nuove tecnologie, la povertà, le dinamiche del salario e dell’occupazione. Negli ultimi anni ha elaborato una visione economica fortemente ispirata al buddhismo.

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