DA DAVID MARIA TUROLDO UN MESSAGGIO DI LAICA SPERANZA
Il libro “Tempo senza profeti” ci mostra una umanità priva di slanci e ideologie, con un carico, invece, di odio e fanatismo. Il rispetto della libertà
Tempo senza profeti è il titolo che Angelo Gaccione ha dato a questo libretto agile, bello anche nella grafica, leggero, ma di grande spessore per il contenuto e la profondità del pensiero racchiuso. Un pensiero espresso da alcuni scrittori e collaboratori amici di Gaccione e redattori della rivista Odissea, i quali rendono omaggio anch’essi, insieme al curatore dell’opera, a questa grande figura di intellettuale vissuto negli ultimi anni del secolo appena trascorso, David Maria Turoldo.
Si tratta di un titolo azzeccato. Padre Turoldo fu una figura carismatica, anche come religioso, dotato di una carica di umanità, di spiritualità e di razionalità insieme, di laicità di valori e di amore per la vita, da contagiare e trascinare, nella sua visione mistica di benevolenza umana più che divina, anche i più disperati e le anime più afflitte. Sprigionava insomma una benevolenza ricca di spiritualità ma soprattutto di umanità. Il suo coraggioso ottimismo nel mettere in discussione i dogmi e finanche la dottrina della sua Chiesa cattolica, gli valse la fama scomoda – come del resto avviene per ogni intellettuale non rassegnato alle ingiustizie ma civilmente impegnato nel sociale – di resistente per la liberazione e di sostenitore delle istanze di rinnovamento religioso e culturale. La sua militanza durò per tutta la vita, interpretando il comando evangelico “Essere nel mondo senza essere del mondo” come un più umano e meno divino “essere nel sistema senza essere del sistema”, avendo egli ben compreso che la Chiesa cattolica non era affatto la casa di Dio che gli avevano fatto credere fin dall’infanzia. Qui a Milano era conosciuto per le predicazioni domenicali al Duomo nell’arco di un decennio che lo vide anche tenace resistente antifascista con il suo periodico clandestino l’Uomo; e fu a Milano che compì il suo percorso formativo nell’Ordine dei Servi prima di conseguire la laurea in filosofia teoretica all’Università Cattolica. E un tempo senza profeti, appunto, una civiltà che non abbia bisogno di profeti e ideologie, con l’inevitabile carico di fanatismo che ne consegue come ci insegna la storia, era il traguardo ideale per un uomo giusto come lui, con un profondo senso di giustizia che deriva anche dal rispetto per la libertà di coscienza dell’altro. Veramente egli credeva nella pietas cristiana intesa come rispetto del prossimo.
Come pochi altri suoi confratelli ancora viventi, di cui non faccio i nomi per non dimenticarne nessuno, egli era e resta, in quanto morto da religioso, nel sistema del potere Vaticano senza esserne però parte, senza essere di quel sistema. Senz’altro si trattava di un mistico, mai sazio di cercare nelle cose e nelle persone il riflesso di Dio.
Turoldo predicatore di pace è l’immagine che troviamo all’inizio del libro, nell’Overture, dove Gaccione ricorda la conferenza sulla pace e il disarmo insieme allo scrittore Cassola, all’hotel Cavalieri di piazza Missori, anno 1978. E ancora oggi viviamo in un mondo minacciato da missili intercontinentali, testate atomiche, sottomarini nucleari, il risultato, anche questo, del pensiero neoliberista, che Turoldo avverserebbe, se fosse ancora qui con noi, come sempre avversò ogni tipo di sopraffazione del potere.
Ma ciò che voglio sottolineare qui è che David Maria Turoldo considerava la dimensione etica una componente imprescindibile della dimensione umana, si creda o non si creda in Dio. Ogni essere umano evoluto sa riconoscere il bene e sa operare il bene etsi deus non daretur, anche se dio non esistesse. E questo libro vuole ricordare come egli, padre Turoldo, espresse questa solida coscienza morale, che viene prima di ogni religione, in immagini poetiche, in immortali opere d’arte, che ci spronano ad essere operosi, attivi, a volte semplicemente buoni, a costo anche di essere iracondi e irrequieti, ma mai inerti o rassegnati.
(Per gentile concessione della rivista Odissea del 15 marzo 2017)
Commenti