OSTERIA ALLA GRANDE, COME TROVARSI IN UN CLIMA UMANO
Da vent’anni, Roberto e la moglie Elena accolgono i clienti in un locale unico nel suo genere, con manifesti e memorabilia di vario genere. E una cucina tipica milanese
Baggio è uno dei quartieri storici di Milano. E all’ultimo numero civico, il 405, di via delle Forze Armate, a poche decine di metri dalla chiesa baggese famosa per l’organo, c’è un locale che trasporta il cliente … in un’altra dimensione. Si tratta dell’Osteria alla Grande, una trattoria che è divisa su due piani. La sala al piano terreno ha una capienza per circa 20-22 persone, mentre la sala superiore, chiamata comunemente dagli avventori galleria, perché contiene manifesti originali di molti film, può ospitare fino a 30 persone.
All’interno ecco infatti le pareti tappezzate di manifesti d’epoca, c’è persino un avviso per i frequentatori delle “case chiuse”, come si chiamavano all’epoca, con tanto di tariffe, un telefono a parete degli anni 40, avvertimenti per chi si occupa della mungitura automatica, un juke box Wurlitzer degli anni 60, fotografie varie del titolare, Roberto (“niente cognome, mi conoscono tutti”), insieme a diversi artisti che hanno frequentato il locale. In cucina c’è la moglie, Elena, che prepara piatti tipici della tradizione milanese: osso buco, la trippa con i fagioli, risotti «come Dio comanda», si legge nella presentazione, tagliatelle con funghi porcini, ravioli al brasato e gnocchi fatti rigorosamente a mano, pappardelle al sugo di lepre e una pasta e fagioli di rara fattura e via dicendo. Il tutto molto gradito dai clienti, come testimoniano migliaia di recensioni. E con Roberto ripercorriamo un po’ la storia del locale, in una struttura che risale agli anni 20 del secolo scorso.
Roberto, come le è venuta l’idea per realizzare un locale così unico, a Milano?
Mia moglie ed io avevamo un ristorante sui Navigli, ci siamo sempre occupati di ristorazione. Poi nel 2001 è capitata questa occasione. Vedendo questo locale avevo già in mente come caratterizzarlo e mi sembra di esserci riuscito (ride).
Lei ha rilevato, quindi, questo locale, ma prima com’era?
Era la classica osteria di paese. C’era una signora che preparava qualche piatto a mezzogiorno, poi, nel pomeriggio, arrivavano gli avventori per giocare a carte, con interminabili partite a scopa e tressette. Noi siamo arrivati proponendo da subito piatti per mezzogiorno e sera.
Che tipo di clientela avete?
Del tutto differenziata, come si usa dire oggi. Dall’operaio al professionista, dallo studente all’artista. Ciò che ci contraddistingue, inoltre, è il fatto che questa è un’autentica osteria, con prezzi bassi, cucina casalinga, familiarità nei modi. Ma quel che conta è l’atmosfera, il rapporto tra oste e cliente, e persino tra avventore e avventore, perché in un’osteria che sia degna di questo nome corre un legame invisibile tra un tavolo e l’altro.
Allora si può dire che la premiata ditta Roberto & Elena ha trovato la formula giusta, cioè un locale dove si può dire che ci sia molta umanità?
Esatto, proprio così. E al giorno d’oggi ce n’è molto bisogno.
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