TERRA DI SANGUE TERRA DI SPERANZA
La storia insegna a sopravvivere contro la geografia del terrore a tutto quartiere

Riflessione dell’uomo della strada che vive e guarda all’Europa.
Il continente è alla ricerca di una unità consolidata, malgrado tutto e contro chi non vuole la pacifica convivenza dei popoli di ogni etnia e credo religioso

Nel 1985 era uscito il libro “Terra di sangue” di Gerald Seymour, Sperling & Kupfer Editori. Un romanzo ambientato a Belfast quando i membri dell’IRA, indipendentemente dalle loro rivendicazioni storiche, uccidevano in terra irlandese ma anche in Inghilterra. E i filo-inglesi per difendersi e vendicarsi rispondevano con pari violenza.
Leggendo il libro di Seymour ho capito che in un teatro di guerra come quello irlandese poteva sbocciare il fiore della speranza di pace.

Nel 1985 c’era ancora il Muro di Berlino, come la cortina di ferro tra il blocco occidentale e quello orientale, nell’Europa divisa nettamente in due parti. In Spagna c’era l’ETA – l’organizzazione armata di ispirazione marxista, che si batteva per l’indipendenza dei popoli baschi, oggi disarmata -, in Italia eravamo finalmente al crepuscolo del terrorismo ideologico e delle stragi. In Corsica c’erano gli agitatori corsi, Cipro era divisa in due fazioni agguerrite. In Belgio qualcosa si agitava tra fiamminghi e francofoni. In Jugoslavia stava germogliando il desiderio di separazione dopo anni di condivisione tra popoli di mentalità e credo diverso. Insomma, un panorama che difficilmente faceva pensare a un futuro di convivenza sotto lo stesso tetto chiamato Unione Europea. Eppure ce l’abbiamo fatta malgrado tante divisioni e incomprensioni. E sono convinto che non torneremo indietro.

Oggi sembra che sull’Europa stia piombando l’ombra nera dei tempi passati: una rosa di speranza fiorisce sul filo spinato mentre dal cielo plumbeo sgocciola sangue innocente. L’Inghilterra è un paese ricco di storia e civiltà, ha risposto dopo i fatti di Londra e di Manchester (vedi il concerto One Love Manchester del 4 giugno all’Old Trafford) con la voglia di vivere perché arrendersi al terrorismo vuol dire solo sconfitta e sottomissione mentre è la vita, anche con la sua quotidianità, la risposta a chi predica solo morte.

“Terra di sangue” è un romanzo dove emerge nella crudeltà dei fatti la voglia di cambiare, di guardare negli occhi l’altro, di rifiutare la violenza che brutalizza purtroppo anche chi pensa di combattere dalla parte giusta. E a pagare il contributo di sangue è sempre l’uomo della strada che, come me, ogni mattina esce dalla propria dimora per prendere la metropolitana, va nei locali pubblici assieme a tanta altra gente comune e di ogni etnia e forse rischia di non tornare più a casa un giorno perché un connazionale o immigrato da anni, deturpato dal fanatismo, ha deciso di combattere la sua guerra sulla terra di tutti.

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