FINANZA E PREVISIONI
COME CADERE NELL’ERRORE

Analisi, report, stime: lo sbaglio può avere conseguenze anche gravi. Ci sono esempi, in tal senso, anche piuttosto recenti. Ma la notizia falsa prende piede

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, qualche settimana fa ha annunciato che il Pil italiano si sarebbe attestato al 6,1%. Un dato che supera ogni previsione: la Ue stimava una crescita del 4,2%, dapprima, poi successivamente rivisto al 4,7%. L’Italia sta facendo meglio di Germania e Francia, grazie soprattutto alle piccole e medie imprese, che hanno contribuito in maniera decisiva alla crescita.

Ciò su cui ci preme soffermarci ora è il termine “previsione”, utilizzato con troppa disinvoltura, se così si può dire, da analisti di varia estrazione. Con la pandemia, ovvero uno tsunami che si è abbattuto anche sul sistema produttivo, provocando la cancellazione di diverse attività – aziende, negozi, partite Iva individuali – com’è possibile definire una previsione con dati numerici attendibili?

“La correttezza dell’informazione finanziaria – scriveva nel giugno del 2018, sempre su queste colonne, Alessandra Ritrovato – rischia di essere contagiata non solo dalle fake news, ma anche dalle fake forecasts, termine con cui si indicano le previsioni sbagliate in cui cadono talvolta analisti e centri di ricerca che, con le loro rappresentazioni della realtà, in alcuni casi fuorvianti, possono indurre comportamenti obliqui nel pubblico, con pesanti ricadute per l’intera società. Quanto sono volute e impostate queste influenze? Ci sono solo errori di valutazione o c’è in ultima istanza la precisa volontà di condizionare le scelte degli investitori? E, in definitiva, c’è qualche rimedio da adottare per evitare tutti questi pericoli?”.

In quel periodo se ne discusse durante un convegno all’Università di economia a Bologna, dove furono presi in esame diversi casi grazie al contributo del Centro Studi di Consultinvest Sgr. In quell’incontro, Massimiliano Marzo, docente di economia politica al dipartimento di scienze aziendali dell’ateneo felsineo, sostenne che “le previsioni in economia derivano dall’applicazione di modelli matematici e questi sono spesso legati a concatenazioni causali e deterministiche, ma l’esperienza della complessità che si è registrata soprattutto negli ultimi anni, dimostra che la teoria deve aprirsi a nuovi stimoli, provenienti anche da altre discipline”. Lo testimoniano premi Nobel come Daniel Kahneman e Vernon Smith che per le loro interpretazioni dei fatti economici hanno fatto ricorso alla psicologia o come Robert Aumann che ha attinto alla tecnologia e alla teoria dei giochi per spiegare la competizione su scala mondiale.

Dal Brasile alla Cina

In economia e in finanza le notizie e le previsioni hanno pari forza e dignità, sono in grado di muovere gli animi, stimolare decisioni, impostare valutazioni future. Si pensi ad esempio a quanto una stima previsionale sulla crescita del Pil da parte di un governo può giustificare l’innalzamento o l’abbassamento di una voce di spesa nel bilancio pubblico. “Nella crisi finanziaria del 2008 che ha portato alla bancarotta della Lehman Brothers – ha messo in evidenza Paolo Gila, giornalista e scrittore – deve essere adeguatamente stimato il ruolo dei report di banche d’affari che prevedevano una tenuta, se non addirittura una crescita, del valore degli immobili su cui erano appoggiati i mutui sub-prime”. Una previsione sbagliata, che prima indusse molti cittadini a sottoscrivere mutui nell’aspettativa di vedere una crescita costante del proprio patrimonio, salvo poi innescare una spirale di vendite non appena il corso dei prezzi delle case cominciò a mostrare le prime crepe.

Diversi gli esempi in proposito: dall’annuncio, nel 2015, di una possibile recessione in Brasile – le borse ne risentirono, per poi recuperare il 40% -, alla medesima “previsione” che riguardava la Cina: notizia infondata, e la borsa di Pechino reagì con un apprezzamento del 30%. Per finire con il petrolio: sempre nel 2015 un report di Goldman Sachs lanciò l’allarme nel 2015 indicando che il prezzo del greggio – allora a 30 dollari il barile – sarebbe sceso sotto i 20 dollari: da allora invece la crescita è stata costante, come è sotto gli occhi di tutti, anche ai giorni nostri.

“Resta il dilemma di fondo: cui prodest la diffusione di queste valutazioni? Chi hanno avvantaggiato e chi hanno invece colpito le fake forecasts? Non è dato saperlo perché è difficile, se non arduo, comprendere quanta buona fede o cattiva fede – si legge sempre nell’articolo di Ritrovato – ci sia nell’animo di chi ha diffuso e diffonde certe valutazioni.

Ma se le notizie devono e possono essere verificate alla fonte, come è possibile agire nei confronti delle previsioni? C’è qualche criterio per radiografare le stime sul futuro che spesso vengono propalate come vangelo?”.  Bisogna adottare una costante, metodica verifica affinché le analisi previsionali – talvolta basate su paradigmi superati, indefinibili, come nel caso dello tsunami/pandemia – non divengano semplici profezie, auspici.

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