LA NUOVA FIGURA DEL BANCHIERE UN “INTERMEDIARIO TEMPORALE”

di Yanis Varoufakis *

 

Il banchiere, contrariamente all’imprenditore, non organizza la produzione. E allora che cosa fa, di preciso? Perché concentra presso di sé tanta ricchezza? Molti commettono l’errore di ritenere il banchiere un mediatore tra persone che hanno un’eccedenza di denaro, e la depositano in banca, e persone che vogliono quell’eccedenza in prestito. Secondo questa idea, il banchiere verserebbe ai creditori un interesse inferiore rispetto a quello che prende dai debitori, percependo così un guadagno.

Un tempo, forse, è stato così. Secoli fa. Anche oggi il banchiere può continuare a interpretare questo ruolo, ma in effetti lo fa in misura molto, molto limitata. Da quando le società di mercato hanno raggiunto il pieno sviluppo, il ruolo base del banchiere ha cessato di essere quello dell’intermediario tra correntisti e debitori. Egli non preleva più il valore prodotto dai primi per darlo in prestito ai secondi. Preleva, invece, quel valore dal futuro per darlo al presente. Perché? Perché non gli basta il valore di scambio esistente per mettere in moto la società di mercato: ha bisogno di investimenti molto superiori ai depositi attuali. Per questa ragione, invece di trarre vantaggio da questi ultimi, opera come la mano metaforica che attraversa la linea del tempo: afferra nel futuro i valori non ancora realizzati, li porta nel presente e li presta all’imprenditore, che a sua volta può far partire la produzione e così generare i nuovi valori, con cui ripagherà il suo creditore (il banchiere) e restituirà al futuro quello che gli era stato “sottratto”.

Ecco perché definisco il banchiere un “intermediario temporale”. E’ come un tale che abbia preso la macchina del tempo di H.G.Wells e la usi per aiutare gli imprenditori del futuro a prestare soldi a quelli del presente (che possono essere le stesse persone), tenendo per sé la differenza tra l’interesse versato agli imprenditori del futuro e quello riscosso dagli imprenditori del presente. Si tratta di uno scambio molto delicato perché è proprio da questo che dipende “l’equilibrio dei tempi”.

Il grande problema, e la ragione per cui ho paragonato l’attività dei banchieri alla magia nera delle fiabe, sta in questo paradosso: quanto più l’equilibrio tra i tempi è riuscito, tanto più forte è la mano del banchiere di prelevare quantità sempre maggiori di denaro dal futuro per accrescere la sua percentuale di guadagno, dato che la differenza tra gli interessi ottenuti nel presente e quelli da corrispondere in futuro è proporzionale alla massa del valore futuro che trasporta nel presente. In questo modo, però, continuando a prendere in prestito dal futuro, il banchiere finisce per compromettere l’equilibrio tra i tempi. Ed è allora che arriva il crack.

 

 

 

 

 

  • Capitolo tratto dal libro E’ l’economia che cambia il mondo, pubblicato da RCS nella collana BUR Saggi, Milano, anno 2015 (pagg. 63 e 64).
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