SE L’ECONOMIA TECNOLOGICA EMARGINA QUELLA CAPITALISTICA

*Emanuele Severino

 

Comunque la si giudichi, l’istituzione dell’euro senza un governo europeo è stata uno scacco della politica. Un’analoga emarginazione della politica venne favorita da episodi quali il verticismo Merkel-Sarkozy, che molto probabilmente aveva intenti elettorali, ma sicuramente proponeva un governo economico e non politico dell’Europa.

Ma altro è l’agire economico (imprenditoriale, finanziario) del mondo capitalistico, ossia l’agire che è un composto di razionalità e rischio, altro è (o dovrebbe essere) un governo economico, che deve procedere eliminando il più possibile il rischio e le “ideologie”, quella politica inclusa, in favore della razionalità e propriamente oggi, della forma di razionalità che compete alla moderna scienza economica. La quale appartiene alla più ampia dimensione delle tecno-scienze, che stanno progressivamente dominando il Pianeta. Certo, la politica, come il capitalismo e le altre grandi forze della civiltà dell’Occidente e dell’Oriente puntano i piedi per non farsi travolgere. Ma anche l’agire politico, poiché non è scienza, ha una forte componente di rischio, che però il politico deve nascondere per non allontanare da sé gli elettori.

La scienza economica non è (o non dovrebbe essere) l’agire capitalistico – così come la fisica non è gli atomi e la zoologia non è gli animali. L’agire capitalistico non è un agire tecno-scientifico. Se ne serve (come credono di servirsene le economie pianificate); e proprio per questo non coincide con esso.

Il rischio appartiene all’essenza del capitalismo – e appunto anche per questo il capitalismo è una “ideologia”. Si rischia quando, a differenza che nell’agire tecnico-scientifico, non si sanno prevedere le conseguenze non volute di quanto si fa, che tuttavia viene fatto perché si ha fede che i vantaggi che si possono ottenere facendolo siano consistentemente superiori agli svantaggi dovuti dal farlo.

Agire capitalistico e politico

La tecno-scienza è destinata al dominio nel senso che esso è insieme il progressivo prevalere dell’agire tecno-scientifico, che dunque va progressivamente soppiantando l’agire capitalistico e politico. Si è sì capaci di constatare che la gente oggi non può muovere un passo prescindendo dai prodotti della tecno-scienza, ma quasi mai si avverte lo scollamento tra agire capitalistico e agire tecnico-scientifico. E invece altro è produrre una centrale nucleare avendo come scopo l’incremento del profitto privato del produttore (al quale egli mira, rischiando, e anche in questo caso, mettendo a rischio la vita altrui), altro è produrre centrali nucleari in base ai criteri della tecno-scienza, che mirano ad assicurare il più possibile la loro efficienza e a eliminare il rischio.

Il capitalismo va verso il tramonto non per le contraddizioni che il marxismo ha creduto di trovarvi, ma perché l’economia tecnologica va emarginando l’economia capitalistica (come in qualche modo ha già emarginato l’economia pianificata dell’Unione Sovietica). Invece, proponendo un governo economico, Germania e Francia, e ora (2012) anche l’Italia, contribuiscono sì all’emarginazione della politica, dando però per scontato che l’unica economia possibile sia quella capitalistica. E, d’altra parte, danno sì l’impressione di voler consolidare la loro leadership economico-politica in Europa, e lo credono esse stesse, ma in effetti propongono un passo di un certo rilievo verso quella gestione tecno-scientifica dei problemi sociali che è destinata a sostituire la loro gestione economico-politica e a presentarsi come l’autentico governo tecnico.

Considerato per quel che tende a essere e non per come si fa percepire, il governo tecnico europeo non è quindi il cosiddetto “governo tecnico” di cui si parla oggi in Italia per deprecarlo o auspicarne il successo. Questo secondo “governo tecnico” è tenuto in vita dai partiti, cioè la politica gli assegna i tempi, i limiti, gli scopi. In esso la tecnica è un mezzo della politica.

Nell’autentico governo tecnico, invece, quando esso sarà uscito dall’ambiguità estrema da cui oggi sono ancora avvolte le sue anticipazioni, la politica è un mezzo della tecnica ed è tenuta in vita nella misura in cui essa gli serve. Lo diciamo, anche se è ben difficile che l’autentico governo tecnico prenda piede come sviluppo del modo in cui era stato proposto dal vertice Merkel-Sarkozy. Si è ancora molto lontani dal comprendere il sottosuolo della relazione tra politica, economia, tecnica. Ed è quindi naturale, quando si è rilevato che l’Italia si faceva imporre le misure anticrisi da un comitato tecnico europeo, che quest’ultimo sia stato considerato come un semplice “governo tecnico” controllato dalla politica franco-tedesca.

Il tramonto della verità

Per lo più vengono ancora ignorati i motivi che conducono verso il dominio della razionalità scientifico-tecnologica e al declino del capitalismo e della politica. (…) Ma è accaduto e sta accadendo qualcosa di più profondo. Secoli di lotte contro l’assolutismo politico e religioso, di pensiero filosofico, di sapere scientifico, di esperienza artistica, hanno messo in discussione e infine negato la “verità”. Sotto questa spinta si è così diffusa la negazione della “Verità” che la filosofia stessa aveva inteso, lungo la tradizione dell’Occidente, come dimensione immutabile che sta ferma, guida il divenire del mondo, rende stabili e veri i “valori” della politica.

Il tramonto della “verità” è il tramonto della “vera” politica. Un turbine tragico avvolge il mondo. Ma chi ne conosce la potenza? E chi sa spegnerlo, quindi? Portando al tramonto della “Verità”, la filosofia del nostro tempo libera la tecnica da ogni limite assoluto e le autorizza a rovesciare il proprio rapporto con la politica, l’economia e le altre forze che intendono servirsi di essa: la autorizza ad abbandonare il suo ruolo di mezzo e porsi essa come la forza che si serve degli antichi padroni. L’autentica “grande politica” del nostro tempo è il riconoscimento di questo destino.

 

Brano tratto dal saggio intitolato “Capitalismo senza futuro”, pubblicato da Rizzoli, Milano, anno 2012 (pagg. 22 – 26). Il brano scelto e pubblicato appartiene a uno scritto del 2012, ma per i temi e i concetti espressi è di toccante attualità e spinge l’attenzione verso un prossimo futuro, dominato dalla tecnica che, a giudizio dello stesso Severino, supererà l’economia capitalistica, giunta al tramonto.

 

 

 

 

 

 

*Emanuele Severino, è stato uno dei più importanti filosofi italiani della seconda metà del Novecento e di inizio del Nuovo Millennio, accademico dei Lincei, professore emerito presso Ca’ Foscari a Venezia, docente all’Università Vita-Salute San Raffele di Milano.È autore di numerose opere filosofiche fondamentali, tradotte in diverse lingue.

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