UCRAINA: UN PASSO VERSO L’EUROPA, BASTA CON I VISTI

Il Paese festeggia l’ingresso nell’associazione con l’UE con il “bezviz” dell’11 giugno

Dall’11 giugno i cittadini ucraini in possesso del passaporto biometrico possono entrare in UE senza visti. Infatti, letteralmente tradotto, la festa improvvisata degli ucraini nel giorno di domenica 11 giugno si nomina con un neologismo: “bezviz”, ovvero “senzavisti”, o addirittura come Giorno della Libertà.

Vediamo cosa precedeva questo grande e molto atteso (da noi ucraini) evento. Vediamo come si è giunti a questo passaggio fondamentale. Il 16 settembre del 2014, dopo una serie di trattative avviata nel 2007 fra il Paese ex Unione sovietica e l’Unione Europea per conseguire un maggior accordo negli scambi commerciali, laVerkhovna Rada – il parlamento ucraino – approvava il progetto di legge sulla ratifica dell’accordo di associazione firmato dal Presidente, Petro Poroschenko. Meno di un mese fa, il 17 maggio, a Strasburgo con una cerimonia solenne, è stata messa l’ultima firma sul documento che confermava la liberalizzazione del regime dei visti tra l’UE e l’Ucraina, dal Presidente dell’Europarlamento Antonio Taiani, dal ministro dell’Interno di Malta, che presiede adesso l’UE, Carmelo Abel, e in presenza del Presidente ucraino Petro Poroscenko. Da lì è iniziato il conto alla rovescia per il “bezviz” ucraino che si è concluso domenica 11 giugno.

Qualche giorno prima è stata firmata dall’ultimo Paese che mancava, dall’Olanda, l’associazione dell’Ucraina con l’Unione Europea: non si tratta dell’entrata nell’UE, ma del passaggio associativo, che prevede la semplificazione dei rapporti commerciali, dei dazi, dei viaggi, e via dicendo. Passaggio che presume una maggiore corrispondenza delle regole e delle legislazioni ucraine a quelle europee. Un percorso lungo e complesso che prima hanno già intrapreso Moldova e Georgia, per citare le ex repubbliche sovietiche, e che più di una decina d’anni fa hanno fatto i tre Paesi Baltici, oggi i massimi sostenitori dell’Ucraina nel suo percorso verso l’Europa. Perché sapevano bene cosa significasse stare nell’impero, soprattutto quello sovietico.
L’Ucraina per concludere questo percorso ha pagato forse il prezzo più alto di tutti i Paesi citati. Ma ognuno di essi ha da contare pareccchie ferite provocate dall’impero post-sovietico, cioè la Russia che non vuole mandare giù la continua liberazione delle sue “colonie”. Moldova ha la ferita di nome Transdnistria, Georgia ha l’Abkhazia e l’Ossezia, l’Ucraina ha la ferita ancora sanguinante del Donbass e la Crimea annessa e la guerra in corso nell’Est del Paese (che anche nel giorno di bezviz ha portato purtroppo quattro morti negli scontri con i russo-separatisti – altro che l‘accordo di Minsk). E se vogliamo aggiungere, pesano sulla bilancia del prezzo che paghiamo per l’associazione anche tutte le vittime del Majdan (i cosiddetti i Cento Celesti), durante le proteste dell’inverno del 2014, iniziate a proposito come la rivolta studentesca contro la disdetta dal governo dell’associazione con l’UE, che doveva essere firmata ancora nel novembre del 2013 a Vilnius. Quindi, in un certo senso, i “guai” degli ucraini hanno rappresentato il prezzo da pagare per la loro voglia di sentirsi europei, cosa che non mandava giù il Cremlino e che non gradisce tutt’oggi: la rabbia e il diniego verso la decisione dell’UE emergono in tutta la loro evidenza nei media russi, sia della carta stampata che nei telegiornali. E il bezviz rappresenta una vittoria all’insegna della libertà e della democrazia, senza più dover sottostare a trafile burocratiche, talvolta umilianti, per ottenere il visto per l’espatrio.

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