DI FRONTE AL COVID SENZA ISTERIA PER RITROVARE GLI STIMOLI GIUSTI

Contro l’allarmismo, più attenzione alle tutele del mondo scientifico. E riscoprire sé stessi, le persone che ci sono vicine e le cose della quotidianità

E siamo ancora qui, di fronte alle cifre dei contagi, e ci sentiamo fragili, incerti. Come se non bastasse, ecco gli scontri a Roma e Napoli, programmati, organizzati, con una connotazione eversiva che gli organi di controllo preposti faranno bene a valutare in tutta la loro gravità. C’è qualcosa di straniante nella situazione che stiamo vivendo, una situazione nella quale prevale un eccesso di negatività. La pandemia, intendiamoci, non è uno scherzo, ha colpito centinaia di migliaia di persone nel mondo, molte delle quali sono decedute. Ma, pur con la ripresa dei contagi – la diffusione del virus è sempre da valutare sotto un profilo qualitativo – grado di virulenza e di mortalità, contagiosità e via dicendo -, non solo quantitativo, vi sono aspetti da non trascurare, anzi, da non dimenticare.

Da quando si è manifestato il Covid-19 sono passati circa 12 mesi durante i quali abbiamo assistito a un violento attacco non solo alle nostre difese immunitarie, ma anche alle strutture sanitarie. Sono stati fatti errori, per i quali si è cercato un rimedio. Ora c’è un ritorno, dovuto in gran parte alle persone che si sono spostate anche in località e territori ove si sapeva benissimo che l’accuratezza che avevamo raggiunto nel contenere la pandemia non era presente, con patenti rischi per i visitatori.

Tant’è. Ma adesso, come afferma Giorgio Palù, virologo, professore emerito dell’Università di Padova (Corriere della Sera, sabato 24 ottobre, pag. 11), “parliamo di (incremento dei) ‘casi’, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95 per cento non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state “contagiate”, cioè sono venuti a contatto con il virus, ma non è detto che siano “contagiose”, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi”. Quindi secondo lo studioso, c’è una diffusa isteria che altera una corretta visione del problema.

Partiamo da qui. Dobbiamo sentirci più protetti e rassicurati da ciò che il mondo scientifico ci trasmette, senza indulgere in facili conclusioni negativiste, certo, ma anche con uno sguardo verso un prossimo futuro che ci prospetta soluzioni radicali nella lotta al virus, con il vaccino, in primis. Le strutture sanitarie sono sotto pressione, ma talvolta si tratta dei cosiddetti “ricoveri sociali”, come sottolinea sempre il professor Palù, ovvero ci si trova di fronte a “persone che hanno disturbi lievi, ma non possono stare a casa perché sono soli o perché possono infettare altre persone in famiglia o perché sono poveri e non sanno dove andare”.

Sotto il profilo sociale abbiamo scoperto in maniera sempre più significativa lo smart working, ovvero, il lavoro da casa, non gradito ad alcuni, ma apprezzato da molti, dato che mostra aspetti positivi di assoluto valore: circolano meno auto e altri mezzi di trasporto, il dipendente organizza il proprio tempo in funzione anche di eventuali incombenze familiari, si reca in ufficio in funzione di esigenze d’incontro inderogabili, quindi, senza perdere quel contatto personale con colleghi e dirigenti che ricopre pur sempre un’importanza rilevante.

L’aspetto personale, spesso familiare, deve consentire un recupero del dialogo e degli affetti, troppo spesso perduti o trascurati. Il fatto di essere di fronte a un qualcosa di immane, la pandemia, deve allontanarci da riflessioni malinconiche ma essere l’occasione per guardarci intorno, riscoprire i rapporti personali, farne tesoro, apprezzare sempre più il fatto di non essere soli e nel contempo comprendere come siamo importanti gli uni per gli altri. Così come dobbiamo apprezzare le cose che ci circondano, che fanno parte della nostra vita, della nostra quotidianità: mirabile, sotto questo profilo, il romanzo filosofico di Georges Perec che ha per titolo proprio Le cose (Einaudi), una spiegazione insuperata del mondo contemporaneo, soffocato da un consumismo dilagante e sguaiato.

Anche con queste riflessioni, alle quali ogni lettore può aggiungerne altre, si può affrontare questo difficile passaggio della nostra vita, delle vite di tutti.

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