IMPRENDITORI E CAPITALE UMANO: UNA VALORIZZAZIONE INELUDIBILE

La persona al centro di qualsivoglia progetto aziendale: questo il punto cardine della sostenibilità. Alla ricerca di competenza, determinazione, principi etici

Ci siamo soffermati più volte sull’argomento della carenza di preparazione, da parte degli imprenditori, per ciò che concerne i processi di digitalizzazione (in Italia, solo il 33% ha adottato sistemi innovativi in tal senso). Ma c’è un altro aspetto ancora troppo trascurato, sebbene se ne parli molto e già da qualche anno sui media e in alcuni dibattiti – sempre distante la politica, tutta protesa a logoranti, per chi li attiva, giochi di potere – ed è quello relativo al capitale umano, quell’insieme di capacità, di determinazione, con principi etici ben saldi, che fanno apprezzare chi ne è dotato e portatore.

Livelli di istruzione

Ma l’imprenditoria attuale è attenta a questa valorizzazione? Ancora cinque anni orsono, sul sito Lablavoro.com, si leggeva: “Un elemento chiave nella riuscita e nella crescita imprenditoriale risulta, sempre più, il livello d’istruzione degli imprenditori che, in molti studi risulta correlato positivamente con la capacità di valorizzare il capitale umano e con la performance imprenditoriale. Si stima, per esempio, che un imprenditore laureato assuma il triplo di laureati rispetto ad uno non laureato e che la disponibilità di laureati aumenti la propensione delle imprese a realizzare attività di riqualificazione produttiva. Inoltre, si è riscontrato come l’attività innovativa e l’internazionalizzazione siano associate positivamente con la presenza di laureati nelle imprese. Infine, si è constatato che la dimensione delle imprese cresce con il talento degli imprenditori”. C’è qualcosa di nuovo sotto il sole?

Innanzitutto, val la pena sottolineare una volta di più che valorizzare il capitale umano significa gettare le basi per uno sviluppo all’insegna della sostenibilità: l’uomo è al centro del progetto, e se vogliamo citare qualche esempio ecco Luisa Spagnoli che, prima di dedicarsi alla moda, si occupava di cioccolateria e aveva realizzato, all’interno della propria azienda, un’area adibita ad asilo, affinché le lavoranti potessero portare con sé i propri bimbi e accudirli in maniera adeguata. Ci sono stati anche Adriano Olivetti, che aveva dato vita a una sorta di welfare interno all’azienda, affinché i dipendenti potessero lavorare in tranquillità, con un’assistenza molto articolata. Aggiungiamo Cristoforo Benigno Crespi, imprenditore che fra il 1870 e il 1877 fece costruire il villaggio che prese il suo nome fra i Comuni di Capriate e Canonica d’Adda, costruzione che fu poi ulteriormente sviluppata dal figlio Silvio.

Intelligenze artificiali

“L’ambizioso progetto di Crespi previde di affiancare agli stabilimenti – similmente a quanto già accadeva nell’Inghilterra della rivoluzione industriale – un vero e proprio villaggio che ospitasse alcuni operai della fabbrica e le loro famiglie”, come riporta Wikipedia. Quindi, nulla di nuovo a ben guardare. Resta il fatto che parliamo di iniziative piuttosto isolate.

Oggi, in un’epoca di pandemia durante la quale il mondo del lavoro è stato rivoluzionato, sconvolto da questo evento che ha modificato anche radicalmente il sistema produttivo, si pensi non solo al cosiddetto smart working (inteso, erroneamente, come lavoro a distanza mentre significa “lavoro agile”), ma anche all’avvento delle intelligenze artificiali, ai processi di digitalizzazione, come accennato prima. Ecco, in una società che ha questa visione innovativa tanto spinta non deve mancare l’attenzione a chi contribuisce con la propria attività a realizzare il tutto. Pur se rimane un dubbio, quello sollevato già a suo tempo da Lablavoro.com: la modestia del livello di istruzione degli imprenditori. Più cresce questo livello, migliori sono i risultati. C’è da aggiungere altro?

 

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