Silvia Commodaro

L’ESSERE UMANO AL CENTRO
DELLA VITA DI UN’EDITRICE

Per Silvia Commodaro, Partner di una società innovativa di cui è Capo Redattore di tre Magazine, fonda la propria attività sul motto: “Tu sei chi incontri”. Vicina ai giovani, si dedica anche al volontariato, in una esemplare fusione fra attività professionale e impegno sociale

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“Tu sei chi incontri”. Una frase aforismatica, diretta, che è divenuta il motto di Silvia Commodaro, Capo Redattore e Partner di una società innovativa di cui è responsabile dei due Magazine. Un percorso professionale intenso, variegato, quello di Silvia Commodaro, che in questa intervista ce lo riepiloga, facendolo divenire un racconto coinvolgente, ricco di emozioni.

“Non amo particolarmente parlare di me – ci tiene a precisare l’imprenditrice -, se non col cuore; quando ciò avviene l’intento è comunicare in maniera autentica con chi mi ascolta o legge ciò che scrivo, distogliendo lo sguardo altrui dal focus sulla persona e ponendo l’attenzione sull’argomento trattato”.

Quando è nata la sua passione per i libri, la lettura?

“Fin da piccola il mio amore per i libri ha armonizzato la mia crescita, mentre la mia curiosità benevola e attenta ai dettagli, che pareva nessuno notasse, mi ha portato a viaggiare molto e vivere ogni luogo che mi ha accolto con lo spirito ricettivo di chi sa che ogni momento vissuto sarà un pezzo scritto della propria storia personale.

Dentro di me risuonava, e risuona tutt’ora con consapevolezza cosciente, la frase “Tu sei chi incontri”.

Dopo alcuni anni trascorsi a Zurigo, ho vissuto, studiato e lavorato a Boston. Questo periodo della mia vita è stato “rivoluzionario”, in quanto il mio sguardo si è allargato sul mondo e tutto mi è sembrato possibile e realizzabile”.

E dopo l’esperienza statunitense?

“Rientrata in Italia, mi sono occupata di formazione aziendale, insegnamento della lingua inglese, ho successivamente collaborato per una nota firma editoriale di libri per ragazzi per poi dedicarmi a progetti che mi hanno portato a ricoprire il ruolo di Editor in Chief  in una realtà aziendale di cui sono anche Partner e che mi consente, insieme agli altri preziosi membri del team, di rendere vivo il mio desiderio di cooperare in contesti lavorativi in cui ciascuno ha la possibilità di esprimersi ed incidere.

Fra le responsabilità che mi competono, oltre ad essere a capo di tutti i progetti editoriali, ho scelto di occuparmi dello scouting, analisi e selezione di brand italiani e internazionali collegati al fashion e beauty. In maniera rigorosa seleziono e rendo noti, in particolare al pubblico giovanile, i brand che, dopo attente verifiche, si rivelano possedere un’anima innovativa, credibile nonché un vero spirito sostenibile. Senza compromessi”.

Di quali progetti si sta occupando? Cosa bolle in pentola?

“Sono tanti i progetti a cui mi sto dedicando ultimamente, spaziando dal campo editoriale, digitale, creativo. Ho avuto negli anni la fortuna di cooperare con importanti realtà istituzionali e di charity, svolgendo anche attivamente servizio. È lo “spendersi” genuinamente in prima persona che fa la differenza in termini umani e di fratellanza universale.

Da circa 27 anni c’è un luogo privilegiato da cui osservo il mondo, che mi tiene saldamente ancorata alla concretezza e “ridimensiona” ad ogni singola esperienza il mio ego alle vere inclinazioni della mia anima. Tutte le volte che mi è possibile, compatibilmente con gli impegni lavorativi e di mamma, silenziosamente servo i pasti in una delle mense francescane di Milano. Silenziosamente e in punta di piedi, perché solo in questo modo ci si può accostare alla sofferenza e al disagio. Sono gli ospiti della mensa a fare un dono a me, non il contrario. I loro sguardi schivi, ma colmi di vita, mi ricordano chi desidero essere”.

Lei parla spesso di vicinanza con i giovani. Ci può spiegare meglio cosa intende, come si traduce in qualche sua attività?

“Certo. Una meravigliosa recente scoperta è stata la Fondazione “Bullone”, posto di ispirazione dove l’essere umano è centrale e i giovani sono motori e portatori di pensieri sublimi, capaci di contaminare con le loro esperienze altri giovani e gli adulti. Ne scaturiscono riflessioni “alte” su ciò che è davvero importante nella vita nell’ottica di un Bene Comune.

La Fondazione ha a cuore i ragazzi e le ragazze che hanno o hanno vissuto l’esperienza della malattia – tumori, anoressia, HIV, malattie rare, ecc. -, ma che con forza sono andati oltre, ricostruendo il loro futuro attraverso l’unione, il lavoro e la determinazione”.

In ciò che lei descrive c’è una grande attenzione all’umanità, in una visione ecumenica. Quali sono i valori di cui lei si fa interprete?

“Empatia, lavoro di squadra, autenticità, meritocrazia, valorizzazione dei talenti sono i valori in cui credo fermamente. In azienda, così come nelle relazioni personali, cerco di attuare il modello della “Leadership through Humility”. L’umiltà non è in genere la prima caratteristica che viene in mente quando si pensa ai leader aziendali. A livello manageriale, i tratti associati all’umiltà – come sollecitare feedback e avere sinceramente a cuore le esigenze dei dipendenti – generano livelli più elevati di coinvolgimento e portano, tra le altre conseguenze positive, un aumento delle prestazioni lavorative. Il mio sguardo desidera essere rivolto alla crescita e sviluppo dei vari team di lavoro così come ai singoli individui affinché emerga la parte migliore di ciascuno.

Ho in particolare a cuore il futuro dei nostri giovani, con cui ho imparato a comunicare in modo da essere sensibile al loro linguaggio, mettendo a disposizione la mia esperienza come punto di partenza e riflessione per dialoghi infiniti che portano in sé il seme di un futuro da costruire insieme agli adulti.

Il mio sogno è “diminuire” la distanza generazionale, valorizzare i nostri giovani, dare loro fiducia, rimanendo in ascolto umile e ben disposto verso il loro modo di approcciarsi a un mondo che, in fin dei conti, vedrà proprio loro protagonisti delle vicende umane.

Sta a noi consegnare alle nuove generazioni un mondo migliore di come ci è stato affidato, creando terreno fertile per la nascita di nuove idee e progetti in un contesto di pace, inclusione, condivisione e cura delle persone, del pianeta e dei nostri amici animali”.

Qual è la giornata tipo di Silvia Commodaro?

“All’inizio e alla fine di ogni mia giornata abbraccio mia figlia Carolina Lynne, poco più che pre-adolescente. Credo che conciliare impegno lavorativo e sociale con il ruolo di madre sia ciò che richiede il maggior dispendio di energia fisica ed emotiva da parte mia. Non mi reputo una super mamma, lo dico in totale trasparenza e onestà. Il mio cuore è vicino a tutte le mamme e le famiglie, in quanto profonda è la mia consapevolezza dell’impegno necessario ad accompagnare i figli nella loro crescita, in particolare in realtà cittadine complicate e articolate come quella milanese. Una cosa è certa: ogni mio progetto, ogni moto inventivo e spirituale ha origine dal profondo legame e amore che nutro per mia figlia, fonte di ispirazione senza fine e origine della mia predilezione per tutte le ragazze e i ragazzi del mondo”.

 

 

 

 

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