OLIMPIADI 2018 - Cerimonia inaugurale a PyeongChang. Da notare la bandiera della Corea.

Olimpiadi 2018, dialogo apparente fra le due Coree Aleggia sempre lo spettro delle armi nucleari

L’avvenimento sportivo stempera le tensioni ma non attenua i dubbi. Silvestri (Iai): una mossa del Nord per ridurre le sanzioni. Castelvecchi (Luiss): ribadita la “specificità nazionale”

Le immagini degli atleti delle due Coree che sfilano assieme sotto un’unica bandiera nella giornata inaugurale delle Olimpiadi invernali non devono trarre in inganno perché rimangono i dubbi su come stanno esattamente le cose in quella parte dell’Asia. Lo spirito agonistico e di fratellanza sembra vincere sulle perplessità ma spenta la fiamma olimpica cosa succederà tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord?

Si auspica che durante e dopo la tregua olimpica le diplomazie dei Paesi interessati comincino a trovare un’intesa per poi sedersi al tavolo a trattare sul nodo della moratoria nucleare, da parte del governo di Pyongyang, in cambio di un alleggerimento delle sanzioni economiche imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ma la ripresa del dialogo tra le parti non pare di immediata attuazione dopo gli ultimi test missilistici dei nordcoreani e il conseguente aumento delle sanzioni ONU nel dicembre scorso.

I precedenti tentativi

In passato non sono mancati i tentativi di dialogo tra le due Coree. Dal dicembre 2015 le delegazioni dei due stati hanno iniziato a intavolare i colloqui nella Casa della Pace a Panmunjon, lungo la linea smilitarizzata. Dialoghi ritrovati e quasi subito persi. Nel corso di uno di questi colloqui la Corea del Sud, che ha tutto l’interesse a mantenere il dialogo con la Corea del Nord, preoccupata anche dall’escalation militare tra l’amministrazione Trump e il dittatore Kim Jong-un, ha avanzato, tra le altre, la proposta di tenere incontri e riunioni tra le famiglie separate dal conflitto del 1950-53. Piccoli passi per un avvicinamento dei due stati che sono agli antipodi in materia di organizzazione sociale e politica, malgrado la storia millenaria della Corea fino a prima della disgraziata guerra e conseguente divisione in due stati.

Stefano Silvestri, Consigliere scientifico dello Iai (Istituto per gli affari internazionali), così si esprime: “La partecipazione della Corea del Nord alle Olimpiadi di PyeongChang è una mossa politica del dittatore Kim Jong-un per cercare di ridurre il peso delle sanzioni imposte dall’ONU.

La riapertura del dialogo tra Seul e Pyongyang rappresenta un passo importantissimo per la Corea del Sud che ha tutto da perdere nell’eventualità di un conflitto tra la Corea del Nord e l’America. Il presidente sudcoreano e i suoi ministri, col sostegno della Cina, è propenso per un dialogo ritrovato con Pyongyang. Gli Stati Uniti per il momento stanno alla finestra a seguire gli sviluppi delle nuove relazioni tra le due Coree”.

“La Corea del Nord – sottolinea il professor Silvestri -, oltre a un arsenale militare e nucleare di tutto rispetto, ha potenzialità nei settori alimentare ed energetico essenziali per l’esportazione.

Per prendere la grossa decisione di rimuovere le sanzioni, l’America e i Paesi della coalizione si aspettano dai nordcoreani la moratoria sulle armi nucleari. La situazione in quella parte dell’Asia è alquanto complessa e tutto dipenderà dalla voglia di Kim Jong-un di ammorbidire i toni e stabilire un dialogo con la vicina Corea del Sud e con le potenze mondiali”.

 Sull’ipotesi dell’unificazione delle due Coree come è successo alla Germania negli anni ’90, Silvestri puntualizza: “La Corea del Nord è uno stato autonomo e indipendente a differenza degli stati sotto il controllo dell’allora Unione Sovietica, ed è quindi molto difficile una riunificazione senza prima la caduta del regime di Kim Jong-un.

In secondo luogo, la destabilizzazione in quella zona dell’Asia creerebbe di riflesso un flusso notevole di migranti verso principalmente la Corea del Sud e come destinazione secondaria, gli stati vicini con conseguenze inimmaginabili che potrebbero mettere a dura prova anche i rapporti tra i paesi coinvolti”.

Alberto Castelvecchi, linguista, filologo, editore docente di comunicazione alla LUISS Business School di Roma a proposito dei nuovi rapporti tra le due Coree, afferma: “La partecipazione della Corea del Nord alle Olimpiadi di Seoul ha una valenza tutta “esterna”: come è noto Pyongyang non manda in onda gli eventi sportivi sui suoi media nazionali per non dare alcuna rappresentazione positiva del mondo esterno, a partire dalla Corea del Sud. Fatta la premessa, si tratta di una campagna di immagine importantissima, con conseguenze geopolitiche che pochi sanno cogliere. Le due Coree unite sotto un unico stendardo nel corteo d’apertura dei Giochi è un segnale che dovrebbe interessare non solo gli Stati Uniti, ma anche la Cina e tutti gli osservatori internazionali. E a tal proposito Castelvecchi ribadisce tre aspetti che ritiene fondamentali.

“Prima di tutto le due Coree vogliono ricordarci l’«unicità coreana». Una memoria di lingua, di valori remoti, di spirito che dice molto al mondo anche in chiave di «unificazione» partendo da un gesto di «pacificazione». Le Coree sono stanche di essere divise da prima una guerra e oggi dal confronto Usa-Cina”.

“In secondo luogo – prosegue il docente – da un po’ di tempo alla Corea del Nord va stretta la tutela di Pechino. E’ risaputo che in molti vicino a Xi Jing Ping pensano che al «ragazzo disobbediente di Pyongyang» venga data una «regolata». E la Corea del Nord fa capire che c’è l’«opzione B»: un riavvicinamento diplomatico ed economico alla Corea del Sud, sganciandosi dalla dipendenza cinese”.

Il docente della Luiss afferma poi che “nella cerchia del Presidente sudcoreano Moon Jae-in, comincia ad andare stretta la tutela di Washington per via della troppa rivalità: dazi commerciali imposti da Trump, dispute legali sui brevetti tecnologici, concorrenza industriale, fanno di Washington e Seoul degli alleati «di necessità» sul piano militare, ma dei nemici sul piano tecnologico e industriale. A Washington molti pensano che ai «ragazzi geniali di Seoul» vada data una «regolata» perché la loro capacità tecnologica e produttiva è più insidiosa per gli Usa dei test missilistici di Kim”. E allora? “E allora le due Coree lanciano un «segnale reattivo», debole come può essere una sfilata sportiva, ma pur sempre un segnale congiunto. E i destinatari sono proprio Cina e Usa”.

 Volontà popolare e “coreanesimo”

Per Alberto Castelvecchi c’è infine una considerazione sulla volontà popolare: “Quasi nulla in Corea del Nord, vitale, per contro, nella Corea del Sud: e qui, misurando il dibattito sui social e nella società civile, non vi è «odio» verso i comunisti. Anzi, oltre la guerra di posizione geopolitica, uno spirito sottile si fa sentire sempre più: quello di un «coreanesimo» che a noi europei ricorda il «germanesimo» che ha permesso la riunificazione delle due Germanie”.

In sintesi, anche questo evento sportivo sarà gravido di conseguenze: Pyongyang vuole una legittimazione come potenza atomica non-ortodossa, al pari del Pakistan, di Israele e dell’Iran. E ha bisogno di mantenere viva una qualche interlocuzione con l’Occidente. La Corea del Sud, a sua volta, da tempo persegue una sua «Sunshine Policy» per la normalizzazione dei rapporti con il Nord. E alla fine anche agli Usa converrà sempre di più condurre negoziati non-ufficiali e paralleli con Kim Jong, tramite lo scomodo alleato di Seoul.

In buona sostanza, vi sono ampie possibilità affinché i dialoghi riprendano, non fosse altro che per reciproci interessi e per quello spirito di unificazione, il  coreanesimo, che i due Paesi, e un unico popolo avvertono. Quindi, se le due nazioni divise dalla Guerra del ’50-53 riprenderanno il dialogo interrotto sarà senz’altro un passo di portata storica, ma sul terreno resta la questione scottante della proliferazione nucleare.  C’è lavoro per le diplomazie. Insidioso e per nulla breve.

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