GIORNATA DEL RIFUGIATO E UCRAINA
Ucraina: oltre due milioni il numero dei rifugiati a causa della guerra nel Donbass

Intere fabbriche smontate e trasportate in Russia con i treni.
Così Kiev viene punita per la scelta a favore dell’UE.
Un consistente aiuto dal volontariato

Il 20 giugno, nel mondo, si è celebrata la Giornata internazionale del rifugiato. Un giorno per riflettere, anche se il tema dei profughi è ben presente sulle prime pagine dei giornali: con oltre 65 milioni di sfollati, è la peggiore crisi umanitaria dalla Seconda guerra mondiale.
I paesi come Siria, Yemen e Iraq sono i leader di questa triste statistica. Se tutte queste facessero parte dello stesso Paese, avremmo una nazione al 24° posto nel mondo per numero di abitanti.

Purtroppo, dal 2014 anche l’Ucraina fa parte di questo spaventoso elenco, e possiede il nono posto (nel 2015) in riferimento al numero di persone costrette a lasciare le proprie case nel Paese in cui abitano (internally displaced persons), cioè che migrano in Ucraina. Ma questo non diminuisce la tragedia personale della gente scappata soprattutto dall’Est del Paese, dal Donbass, in parte dalla Crimea, gente rimasta senza tetto, senza mezzi, senza nulla, spesso con gravi problemi psicologici provocati dalla guerra vista da vicino. La triste statistica dice che il 32% delle persone sfollate soffrono dei sintomi dello stress post traumatico, tra loro ci sono moltissimi bambini (fonte International Alert).

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Infatti, secondo i dati del Centro ucraino di coordinamento della sicurezza sociale degli sfollati, negli ultimi due anni – con dati aggiornati al febbraio di quest’anno – circa 1 milione 65 mila 727 persone sono state costrette a lasciare le loro case e diventare i rifugiati nella parte ucraina, quella sotto controllo di Kiev: 1 milione 42 mila 904 dalle zone occupate delle regioni di Donetsk e Lugansk, 22mila 353 dalla Crimea. Cifre spaventose. Anche perché il resto del Paese vive una situazione difficilissima: il conflitto aperto all’Est fa parte della “punizione” dell’Ucraina per la ferma decisione di muoversi verso l’Europa. Ecco allora la parte del Paese più industrializzata in rovina o sotto l’occupazione, con intere fabbriche smontate e trasportate in Russia sui treni, e le zone sotto controllo delle cosiddette “repubbliche” separatiste, con il calo o blocco totale del commercio con la Russia, che era l’acquirente più importante dei prodotti ucraini.
Nel 2015 si contavano circa 890 mila profughi dall’Ucraina verso altri Paesi, soprattutto la Russia, in misura minore verso Bielorussia e Georgia e meno ancora Polonia. Altri dati verso i Paesi UE sono insignificanti, anche se si era diffusa un’ondata di panico. Giravano voci che parecchi dei villaggi costruiti in Germania nel 2014 fossero stati pensati proprio per i profughi ucraini, ma non era vero, e adesso li occupano maggiormente i siriani.
Lo stato ucraino, e lo riconosce pubblicamente, spesso non è in grado di risolvere tutti i problemi degli sfollati dando la precedenza alla difesa esterna e alle battaglie interne politiche. Lo stato si è trovato impreparato: chi poteva pensare a una guerra “ibrida” con il paese più fraterno? E qui è successo un fenomeno, anzi un miracolo: è nato dal nulla un massiccio movimento di volontariato. Sono cresciuti come funghi dopo la pioggia moltissimi centri che raccolgono fondi, prodotti vari, medicine, alloggi, sono attivi per far trovare lavoro e per la ricerca dei parenti dispersi.

Bisogna assolutamente sottolineare anche il fatto che sono stati tempestivi gli aiuti umanitari internazionali, indirizzati appositamente agli sfollati ucraini: 600 milioni di euro, di cui 200 milioni nel 2015 e 400 milioni nel 2016. Anche Papa Francesco, che non dimentica nelle sue preghiere domenicali l’Ucraina, ha annunciato che sono stati indirizzati dal Vaticano ben 18 milioni di euro raccolti tra le varie parrocchie. E questo sarà un discorso a parte, per un altro, prossimo servizio. E l’Ucraina ce la farà.

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