RISCOPRIRE IL CAPITALE UMANO COSÌ DISPERSO E TRASCURATO

Verso una imprenditorialità da riscoprire e inventare: questo il percorso da intraprendere. Ricolfi: contro l’illusorietà della società del benessere

Fra le perdite che vengono registrate in ambito non economico c’è quella del capitale umano, ovvero una lenta erosione di competenze, nozioni, dell’istruzione di base, per dirla in breve, grave, e, aspetto altrettanto grave, non ben percepita e “non c’è ristoro che tenga per il vuoto di apprendimento che sopportano ragazze e ragazzi cui è stata sottratta una quota delle loro vite sociali”, ha scritto Ferruccio De Bortoli (Corriere della sera, 5 dicembre 2020). La perdita del capitale umano, delle basi culturali, ha già provocato effetti deleteri: ci troviamo così di fronte ai cosiddetti Neet (Neither in Employment or in Education or Training), ovvero  persone non impegnate nello studio, né nel lavoro, né nella formazione. In Italia la percentuale di Neet oscilla fra il 22 e il 24%, a seconda delle fonti – sono il 17,7% in Grecia, il 14,9 in Spagna, il 9,2 in Portogallo – , e hanno un’età compresa fra i 15 e i 29 anni.

“Se avessimo piena coscienza di quello che è accaduto – scrive ancora De Bortoli – forse ci convinceremmo che il benessere futuro, la qualità della cittadinanza, dipendono essenzialmente dalla nostra capacità di migliorare istruzione e formazione. Un capitale umano superiore aumenta la produttività, senza la quale non vi è crescita. Né economica né morale. E senza un capitale umano di qualità non vi è neanche cittadinanza attiva e responsabile e, nemmeno, una classe dirigente all’altezza delle sfide di un mondo, dopo la pandemia, assai diverso”.

“In un periodo pre-Covid – afferma Luca Ricolfi, professore ordinario di Analisi dei dati presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino, il mercato del lavoro proponeva figure professionali, soprattutto in ambito tecnologico, informatico, che ai nostri giovani non interessavano. Con il diffondersi della pandemia i nostri giovani ritengono di avere delle qualificazioni che in realtà non hanno: almeno il 50% di diplomati e laureati non ha maturato le competenze attinenti a quei titoli di studio, c’è un continuo affidarsi ai genitori, al loro aiuto economico”. E sempre nel periodo dopo l’avvento del Covid, sotto il profilo dell’istruzione, la didattica a distanza (Dad) ha ulteriormente contribuito “a deteriorare il capitale umano. Per diversi decenni, circa 40 anni – osserva sempre Ricolfi -, ci siamo dimenticati della qualità dell’istruzione, così l’asticella si è continuamente abbassata. Per i genitori di oggi la qualità della didattica si risolve in una questione logistica: aule attrezzate, scuole funzionali, ragazzi parcheggiati fuori casa, e il problema è risolto”. Insomma, grazie a forniture efficienti e a geometri competenti – sia detto con tutto il rispetto – il problema non esiste più. “La realtà è ben più amara – sottolinea Ricolfi – perché in prospettiva il numero dei posti di lavoro crollerà, ne perderemo un milione, con un Pil che arriverà a perdere il 15%”. La soluzione? I giovani devono inventarsi un lavoro, devono riscoprire l’imprenditorialità”. Luca Ricolfi ha pubblicato un libro, “La società signorile di massa”, (La nave di Teseo, 2019) in cui espone e argomenta questi aspetti.

“C’è un meccanismo che si chiama riduzione della dissonanza cognitiva in base al quale rendiamo in positivo ciò che non può essere tale. Si tratta di un rifiuto della mente ad accogliere una realtà non confacente alle nostre aspettative, anzi, la si trasforma in opportunità. La realtà ci dice che il tempo per costruire un capitale umano significativo è di circa 20 anni, ma ne occorrono – aggiunge lo studioso – 3 o 4 per capacitarsi di ciò che sta accadendo, una sorta di recupero culturale, e mettere in atto le opportune contromisure. Noi viviamo, o presumiamo di vivere, in una società del benessere, e così i Neet rimangono dove sono, a casa con mamma e papà. In realtà questa si avvia a diventare una società parassita di massa, che sopravvive distribuendo sussidi per lo più modesti: una conferma della nostra attitudine ad auto ingannarci e a tirare a campare”.

Si rende indispensabile una riscoperta della dignità, dell’autostima, del desiderio di istruirsi… Un percorso etico che oggi appare utopico ma è l’unico percorribile per raggiungere una non improbabile salvezza umana, culturale, sociale.

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