4 marzo 2018, la sostenibilità nelle elezioni politiche italiane

La sostenibilità ha avuto la sua prima definizione e riconoscimento all’ONU nel 1987 con il recepimento delle conclusioni della commissione Brundtland, che definisce sviluppo sostenibile quello che persegue la soddisfazione dei bisogni del presente senza compromettere quelli delle generazioni future.

Di questa commissione facevano parte due esponenti italiani: per la parte politica Susanna Agnelli, all’epoca sottosegretario agli esteri, e per la parte scientifica Enzo Tiezzi, chimico, fisico e ambientalista. Ma prima ancora la presenza italiana è protagonista, addirittura leader sul tema del futuro dell’umanità, con la figura di Aurelio Peccei, manager ed imprenditore, fondatore nel 1968 del CLUB di ROMA, pensato per progettare una pianificazione globale e committente/promotore del lavoro del MIT pubblicato nel ‘72 col titolo “I limiti dello sviluppo” (Est Mondadori), che denuncia il rischio di collasso per l’umanità.

Con questi precedenti dove è oggi l’Italia rispetto al futuro? E dove sono su questo tema le parti politiche italiane?

L’Italia intesa come società civile e sistema produttivo è molto attiva e in prima linea; dal 2011 esistono gli Stati generali della green economy, con più di 60 organizzazioni del mondo imprenditoriale impegnate o interessate a promuovere la conversione del sistema produttivo dal brown al green, ovvero con l’abbandono di fonti fossili e pratiche entropiche nell’uso di risorse, trasformazione e produzione di beni non riciclabili; dal 2016 è attiva l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, oggi con 170 organizzazioni aderenti, nata per il raccordo tra società civile e istituzioni governative e parlamentari per la realizzazione degli obiettivi al 2030 fissati dalle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile ed inclusivo, che integri impegnativamente per tutti gli stati aderenti le responsabilità ambientali con quelle sociali ed economiche, definite in 17 traguardi, che vanno dall’abolizione della povertà e fame nel mondo fino alla pace, giustizia e cooperazione internazionale.

Questo fermento civile e imprenditoriale che rispettivamente si collega alla grande presenza in Italia delle strutture del terzo settore e dalla leadership italiana in Europa sul tema del riciclo, così come sul fronte delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, ha trovato in tempi recenti (tra il 2015 e il 2017) una accelerazione anche in sede istituzionale, sospinta dagli intenti espressi in EXPO 2015 e dagli impegni internazionali sottoscritti a Parigi con COP 21 e a New York per l’Agenda ONU 2030.

Questa accelerazione ha determinato l’adozione del primo documento governativo di Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, contestualmente alla nascita del comitato interministeriale per il Capitale naturale e all’approvazione parlamentare del rendiconto sul Benessere equo sostenibile del Paese inserito nella legge di bilancio annuale per rendere verificabile oltre all’indicatore del PIL anche l’evoluzione dell’indicatore di qualità della vita “BES”.

Con questa piattaforma a disposizione nella scadenza della legislatura, quali partiti si esprimono e su quali argomenti riferibili al futuro?

La futura legislatura, dal 2018 al 2023 si misurerà con la scadenza del piano ONU al 2020 e i traguardi intermedi per la lotta al cambiamento climatico. Le domande sono: chi si impegna per l’indipendenza energetica e con quali proposte? Chi promuove la conversione  industriale e con quali finanziamenti? Chi adotta vincoli per la mobilità dolce e su ferro e con quali priorità territoriali? Chi blocca l’uso del suolo e quali  bonifiche propone? Chi pianifica la messa in sicurezza di zone a rischio sismico e idrogeologico e con deleghe a chi? Chi struttura un servizio civile per la piena occupazione e con quali indirizzi? Chi attribuisce alle amministrazioni locali deleghe fiscali e semplificazioni burocratiche per la salute, i servizi, il contrasto alla povertà, la lotta allo spreco alimentare, la parità di genere e chi si impegna per nuove accelerazioni nell’istruzione, ricerca e sviluppo?

Se si pongono queste domande a esponenti politici candidati nei vari partiti, la risposta sarà molto varia in funzione della competenza e dell’esperienza dei singoli più che con riferimento a posizioni elaborate nella strategia politica a lungo termine dei partiti; si vedrà se chi ha responsabilità di governo locale, nazionale o europeo sarà in grado di parlare di ciò che i singoli organismi stanno affrontando: in sede locale frequentemente i trasporti, in sede nazionale lo sviluppo industriale, e in sede europea la politica del riciclo con enfasi sull’economia circolare ma sempre per l’urgenza che le funzioni organizzative richiedono, facendo emergere che la fine delle ideologie non ha significato per le forze politiche l’emergere di un pensiero strategico per il paese e le sue comunità.

Di fatto gli argomenti prioritari della campagna elettorale sono stati la riduzione delle tasse, nei più svariati modi, l’abolizione o meno di provvedimenti strutturali della legislatura in chiusura, come il jobs act e la legge Fornero, l’onestà con tutta la sua retorica, la presentabilità dei candidati, il rapporto coi migranti, la sicurezza e le coalizioni di governo.

Sono riusciti ad influire poco i giornali e i media in generale con i confronti di contenuto, poco si è riusciti a conoscere con la domanda sul modo di affrontare il debito pubblico, sul nostro ruolo nell’Europa e su dove dovrà andare e come l’Italia da qui al 2030.  L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile con il programma di incontri ed interviste ai rappresentanti dei partiti sulle loro posizioni verso il tema della sostenibilità, ottiene da Civica Popolare, +Europa, Forza Italia, Insieme, Liberi e Uguali, Movimento 5 Stelle, Noi per l’Italia, Partito Democratico la sottoscrizione dell’appello lanciato il 5 febbraio dall’Alleanza, che in 10 punti descrive alcune iniziative fondamentali per mettere l’Italia su un sentiero di sostenibilità economica, sociale e ambientale, ovvero:

  1. inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile, come già fatto da diversi Paesi europei;
  2. dare attuazione a una efficace strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile orientata al pieno raggiungimento dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, da realizzare con un forte coordinamento della Presidenza del Consiglio;
  3. promuovere la costituzione, all’interno del futuro Parlamento, di un intergruppo per lo sviluppo sostenibile;
  4. rispettare gli accordi di Parigi per la lotta ai cambiamenti climatici e ratificare al più presto le convenzioni e i protocolli internazionali già firmati dall’Italia sulle altre tematiche che riguardano lo sviluppo sostenibile;
  5. trasformare il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile, così da orientare a questo scopo gli investimenti pubblici;
  6. definire una strategia nazionale per realizzare un’agenda urbana per lo sviluppo sostenibile che si affianchi a quella già esistente per le aree interne, rilanciando il Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane;
  7. istituire, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, un organismo permanente per la concertazione con la società civile delle politiche a favore della parità di genere;
  8. coinvolgere la Conferenza unificata per coordinare le azioni a favore dello sviluppo sostenibile di competenza dello Stato, delle Regioni e dei Comuni;
  9. raggiungere entro il 2025 una quota dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo pari allo 0,7% del Reddito Nazionale Lordo, coerentemente con gli impegni assunti dall’Italia di fronte alle Nazioni Unite;
  10. operare affinché l’Unione Europea metta l’impegno per attuare l’Agenda 2030 al centro della sua nuova strategia di medio termine.

 

Vedremo se questa sottoscrizione avrà effetto. Di certo I piani dei partiti, in alcuni casi costituiti da pochi punti essenziali, come per  per il Centro Destra e Liberi e Uguali , in altri sviluppati con ragionamenti aspirazionali e di metodo, come per il  partito Democratico e per il Movimento 5 stelle, o  non trattano affatto l’argomento di un futuro sostenibile, là dove sono impegnati ad asserire un rilancio liberistico, oppure lo trattano in modo generalista, nel caso di un posizionamento “alla Corby”, o ancora in modo tecnico, funzionale a temi specifici come l’occupazione, l’energia, le infrastrutture intese come proseguimento di un’azione di governo, o infine in termini totalmente dipendenti da una priorità di governance  ipotizzata in  dettaglio  per le istituzioni e per gli enti operativi nazionali o locali, cadendo nella classica situazione di vedere la pagliuzza e non la trave.

Ci sarebbe  invece bisogno di ragionare sul futuro alla luce del nostro retroterra repubblicano e delle radici storiche del nostro Paese e occorrerebbe ricordare le capacità intuitive e realizzative che anche nel campo delle prospettive dell’umanità il nostro Paese è stato ed è in grado di dare; inoltre ci sarebbe da declinare questi contenuti in scelte coerenti sapendo che per ogni azione occorrono risorse e per disporle bisogna fare delle scelte, ad esempio ricordandosi, come è noto ufficialmente al Parlamento e al Paese, che ogni anno spendiamo 16 miliardi di euro in sussidi dannosi all’ambiente. Cosa si dovrebbe fare? Forse convincersi che gli incentivi sul fossile per i trasporti, l’agricoltura e l’energia devono finire e occorre riallocarli per la riqualificazione del patrimonio edilizio privato e pubblico in termini di efficientamento energetico e sicurezza antisismica, creando al contempo maggiore qualità di vita e occupazione, stimata in circa 300.000 unità, o no?

Tutto ciò per concludere che in ogni caso si dovrà fare una scelta, chi convincendosi di ciò che ha sentito e chi radicandosi alle proprie convinzioni, informazioni e sensazioni, sapendo che il momento partecipativo è alla base di un sistema sostenibile  ed è irrinunciabile  così che, per renderlo sempre più pertinente e cogente, va esercitato anche con interventi di revisione costituzionale, ad esempio introducendo il vincolo per le future generazioni, oggi non presente nella Costituzione Italiana e al primo punto dell’appello sottoscritto. Ricordiamocelo

 

Presidente di Plef – Planet Life Economy Foundation

Condividi
Share
Vai a TOP