MH17 E IL LIBRO DELLA MEMORIA UCRAINO Quel missile di tre anni fa sui cieli ucraini I familiari delle vittime attendono giustizia

I morti furono 298 di dieci nazionalità diverse. Le indagini su un campo di battaglia

“Il volo della Malaysia Airlines MH17 è decollato dall’aeroporto di Amsterdam Schiphol alle 10.30 GMT, sulla rotta per Kuala Lumpur. L’aereo è precipitato vicino a Grabovo in Est dell’Ucraina alle 13.21 GMT”. Breve come un telegramma, la notizia apparve nella tarda serata del 17 luglio del 2014 nei breaking news di tutte le televisioni, nel mondo. E così tutto il mondo ha saputo dell’ esistenza di un piccolo paese ucraino di nome Grabovo nella regione di Donetsk. Le indagini condotte stabilirono che l’aereo era stato abbattuto da un missile partito dalla zona controllata dalle forze separatiste russe. Quella zona era il campo di guerra fra Russia e Ucraina dalla tarda primavera dello stesso anno.

Da lì in poi il caso è noto come la tragedia dell’ MH17, che ha per sempre cambiato le vite dei famigliari di 298 vittime. C’erano bambini – ottanta -, genitori e nonni di Paesi Bassi, Malesia, Australia, Indonesia, Gran Bretagna, Germania, Belgio, Filippine, Canada e Nuova Zelanda. Da quel maledetto pomeriggio la guerra in Ucraina orientale è uscita dai confini nazionali. È diventata una piccola guerra mondiale che ha coinvolto i quattro continenti da cui provenivano le vittime.

Il tutto aveva avuto un prologo su più fronti: la rivolta popolare di Euromaidan a Kiev, una protesta inizialmente pacifica, quasi del tutto studentesca e pro Europa, finita nel sangue nei giorni di febbraio del 2014 nella piazza centrale della capitale ucraina con oltre 100 vittime; la fuga del presidente Yanukovich in Russia; l’inizio dell’invasione in Crimea, appena finite le Olimpiadi di Sochi, invasione messa in atto dagli “omini verdi”, ossia i militari russi senza segni di riconoscimento. Di seguito, il finto referendum e l’annessione della Crimea. E poi, l’invasione dell’Est dell’Ucraina, da parte dei cosacchi, dai mercenari di ogni genere abituati a guadagnare nei conflitti, dallo stesso esercito russo, come in Crimea, senza segni di riconoscimento. I bombardamenti dei paesi ucraini dal confinante territorio della Federazione, alcuni, come Semenivka, rasi a suolo. In Ucraina nell’estate del 2014 è scoppiata la guerra.
Nei mesi precedenti alla tragedia del 17 luglio sono stati abbattuti dalle forze russo-separatiste alcuni elicotteri e aerei ucraini; il 14 giugno un grande IL-76 con a bordo 49 militari sopra l’aeroporto di Lugansk, e altri ancora. Il conflitto diventava sempre più sanguinoso. Il Parlamento europeo e altre istituzioni internazionali come l’ONU, spinti dalle molteplici note della diplomazia ucraina, esprimevano diversi gradi di preoccupazione: da preoccupato a molto preoccupato, a profondamente preoccupato. E sono state spese molte parole sulle sanzioni contro la Federazione Russa, ideatrice e nutrice del conflitto. Ma se vogliamo fare un po’ di analisi, realisticamente le sanzioni sono partite proprio e solo dopo il caso dell’ MH17, come hanno chiaramente mostrato gli indici della Borsa di Mosca di quel periodo, in forte calo. Quindi, le 298 vittime della tragedia nel campo di grano sotto Grabovo sono servite per far partire le sanzioni, per far capire al mondo la tragicità di quello che stava accadendo nell’Est ucraino.

Sono trascorsi tre anni. Cosa rimane oggi sulla tragedia dell’ MH17? Dopo migliaia di notizie contradittorie e lo scambio reciproco di colpe tra l’Ucraina e la Russia, le accuse da parte dell’Olanda all’Ucraina di non aver chiuso il cielo per i voli civili (in realtà chiuso dal 14 luglio fino ai 9 mila metri), la polvere mediatica si è pian piano depositata. Le vittime individuate e seppellite, i pezzi dell’aereo raccolte e portate in Olanda. Le altre nazioni coinvolte nell’inchiesta (Belgio, Australia, Malesia, Ucraina con l’assenza della Russia) hanno accettato di seguire tutte le indagini nei Paesi Bassi, colpiti più duramente con 196 vittime. Due anni fa gli stessi cinque Paesi hanno rivolto un appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di istituire un tribunale penale internazionale per perseguire i responsabili dell’abbattimento del volo di Malaysian Airlines. Tuttavia, in una riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU la Russia ha posto il veto su questa risoluzione.

Lo scorso settembre un team di inchiesta internazionale ha annunciato i primi risultati delle indagini penali dell’incidente del Boeing MH17, confermando che il sistema missilistico “Buk”, che ha abbattuto l’aereo, era stato trasportato dalla Russia in soli due giorni e dopo il lancio di razzi dal territorio sotto controllo dei russo-separatisti è stato riportato in Russia. Gli investigatori l’anno scorso hanno dichiarato anche di aver individuato un centinaio di persone coinvolte nel trasporto del lanciamissili “Buk” e del suo utilizzo.
Quest’anno, per la terza ricorrenza del 17 luglio, gli esperti del gruppo investigativo britannico Bellingcat, sui dati dei quali si basano in buona parte anche le inchieste del team internazionale, hanno preparato una relazione riassuntiva di 72 pagine, dove hanno nominato il lanciamissili “Buk” 332 della 53a brigata d’artiglieria delle Forze Armate russe quale unico strumento bellico adatto a colpire il Boeing. In autunno si aspetta l’annuncio ufficiale dei nuovi approfondimenti sul caso MH17. Ma c’è un’ultima notizia clamorosa: nel giorno che anticipava la tragedia, il cielo nella zona confinante con l’Ucraina della regione di Rostov era stato chiuso per i voli dalle autorità russe fino a un’altezza di 16 mila metri; ciò per l’aeronautica civile significava un totale divieto di transito, ma senza alcun preavviso da parte delle autorità russe, e quindi del tutto ignoto per migliaia di piloti, inclusi quelli di Malaysian Airlines.

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Il 17 luglio scorso, presso l’aeroporto di Amsterdam di Schiphol da cui tre anni prima partiva il Boeing MH17, è stato inaugurato un complesso commemorativo monumentale per le 298 vittime. In presenza della coppia reale, il re olandese Willem-Alexander e la regina Maxima, e del primo ministro Mark Rutte, i parenti delle vittime hanno letto uno a uno i loro nomi, tutti incisi nella pupilla del simbolico occhio del monumento che guarda il cielo. In mezzo a un campo di girasoli che sbocciano ogni luglio, come in Ucraina, sono stati piantati 298 alberi. Ogni albero ha una targa che porta il nome di una vittima, e questa foresta commemorativa simbolicamente li unisce ancora.
Anche in Ucraina c’è la tradizione di piantare gli alberi alla memoria delle persone care mancate. Dall’inizio della guerra nell’Est del Paese è tornata per l’iniziativa dei cosiddetti Alberi della Memoria, anche questi con una targhetta che porta il nome di un soldato, vittima della guerra in corso. Purtroppo ci sono già intere aree e parchi in tutte le regioni ucraine con gli alberi della memoria. È stato creato il Libro della Memoria che, aggiornato al 1° aprile di quest’anno, porta i nomi di 3510 caduti, un terzo delle vittime totali ufficiali della guerra ucraino-russa. Ai quali possono essere aggiunte quelle civili del Boeing MH17.
Per il veto della Russia nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, che ha impossibilitato la creazione del tribunale penale internazionale, si è presa la decisione di concedere la giurisdizione ai tribunali olandesi per il perseguimento dei responsabili di questa tragedia. I parenti delle vittime hanno espresso il 17 luglio un desiderio unanime di giustizia per i colpevoli con la procedura indipendente, obbiettiva e trasparente. Non ci rimane che aspettare l’autunno.

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